A questo incrocio letterario, l’autore arriva non soltanto sulla scorta della sua formazione culturale e professionale – studioso di chimica, valido collaboratore di importanti quotidiani come giornalista scientifico – ma per una precisa convinzione, quella che ‘la poesia ha alcuni caratteri della scienza, perché cerca, s’interroga. Entrambe, secondo Pivato, ‘nelle loro ricerche pure hanno in comune l’uso delle immagini: la poesia produce metafore e la scienza teorie’. Del resto, la tesi è assai meno eretica di quanto si possa pensare: bastino, come giustamente rammenta Sergio Zavoli nell’introduzione al ‘poemetto’, la cura con cui Montale certificava le sue citazioni botaniche (memorabili, si ricorderanno, quelle de “I limoni”), oppure a Leonardo Sinisgalli, che è stato anche direttore della rivista “La civiltà delle macchine”.
Resta da indagare se, nell’indurre quest’attenzione all’elemento ‘naturale’ nell’espressione poetica, incida in Pivato anche la provenienza dal Montefeltro, straordinaria cornice ambientale e fucina di grandi letterati, omaggiato proprio in apertura di “A poca voce” da una citazione che richiama alcuni versi di Umberto Piersanti.