Maria Jatosti, Per amore e per odio

29-10-2011

Un laboratorio per Lui e Lei, di Alberto Prunetti

Quello di Maria Jatosti è un romanzo autobiografico emozionante, contorto e complesso come una vita. La sua vita. È difficile renderne conto in pochi righe. C'è la dimensione della vecchiaia, con gli acciacchi, anzi, con una malattia grave, le difficoltà a muoversi, la limitazione nell'indipendenza. C'è la lotta: dagli anni dell'idealismo giovanile, quando bellezza e forza aiutano a combattere contro i mulino a vento, fino a quelli della maturità, per resistere all'agro del boom economico che le prime vittime te le fa accanto. C'è la complessità dei rapporti umani a cominciare dal sentimento forse più importante, l'amore. C'è il lavoro culturale, che diventa alienazione, con le presentazioni, le quindici persone che riempiono una stanza piccola, le copie del libro da firmare e il musicista che non si presenta; e poi c'è Lui, che non viene mai nominato eppure spunta con tutto l'ambaradan di rapallizzazioni, vite agre, kansas city, Marcello che è il nome del figlio ma anche di un personaggio letterario, con quel terribile addio, “è stata tutta colpa tua”. Lui che quasi si vendica anche dopo la morte, costringendo a rinnovare la memoria, a continuare il lavoro culturale, di nuovo Grosseto, convegni, fotografie lasciate in dono alla Fondazione, interviste. Eppure assieme a tutto questo, che in parte era atteso prima della lettura, ci sono sorprese che con piacere ci meravigliano. Dalle biografie dedicate a Lui, Lei appare a volte, almeno nel lavoro letterario, come un personaggio che vive di luce riflessa: Lui detta la traduzione e lei batte sui punzoni della macchina da scrivere, ad esempio. Ma leggendo il libro della Jatosti ho trovato pagine mirabili in cui il gioco espressionista dell'elencazione, coi giochi di parole e le assonanze, per cui Lui è noto per i suoi virtuosismi sia ne La vita agra che in Aprire il fuoco, non si può dire imitato, ma eseguito con abilità e originalità sorprendenti da Maria. E l'impasto straniante di italiano e lingua straniera, che Lui preparava con la malta dell'inglese e che Maria performa col francese, non sembra meno degno di quello di lui. Vuoi vedere che allora quella stanzetta in affitto a Brera con la luce del neon intermittente è stato un laboratorio di mezzi tecnici in cui Lui e Lei hanno affinato le loro capacità espressive in maniera mutua e reciproca? E se la traettoria creativa e esistenziale di Lui è stata quella di una veloce meteora, che però ha lasciato un segno profondo in tanti lettori, e giustamente, lei invece ha seguito percorsi più lenti, meditati, prendendosi il tempo senza agganciare la propria vita al ritmo della scrittura, lasciando che questa fermentasse lentamente, come in una barrique (la scrittrice barriccata, questa garberebbe anche a Lui, che ci farebbe qualche ironia pesante alla faccia di Baricco.) Lei che ci ha regalato pochi libri, quasi uno a decennio, perché non aveva tanto tempo da scrivere, e troppo tempo da vivere (in conformità col testo della Jatosti, non diamo nome a Lui).