Maria Jatosti, Per amore e per odio

06-05-2011

Una vita agra ma indimenticabile, di Gianluca Monastra

Lui c’è ma non si vede. Ispira e determina, è il regista delle cose che capitano. Maria Jatosti lo ha conosciuto nella Livorno scapigliata degli anni Cinquanta, città nata per essere rimpianta più che vissuta, e lo ha accompagnato per il resto dei suoi giorni.
Chissà quali pensieri attraversarono Maria Jatosti, all’epoca bionda, bella e comunista, quando incrociò per la prima volta lo sguardo di Lui, Luciano Bianciardi, un uomo già sposato, anarchico e ombroso, il tipo che t’immagini eternamente in bianco e nero. Non è dato saperlo. Perché arrivata a ottant’anni, Maria Jatosti rilegge la sua vita lasciando Bianciardi sullo sfondo. Lo evoca senza nominarlo, Lui, appunto. Non un aggettivo, non un’indulgenza.
In Per amore e per odio Jatosti preferisce il resto, lo schizzo all’affresco, il dettaglio all’insieme. Cavalca tra i ricordi, nemmeno fossero onde.
Le memorie di una donna che ha amato le provocazioni di Boris Vian e gli aeroporti, ha trepidato per Zanna Bianca, si è domandata se Marlon Brando fosse comunista, ha sprecato vacanze in Bretagna, si è sentita leggera a Parigi, preso autobus nei quartieri romani, ascoltato i dischi di Nina Simone e Carlos Santana, interrogato i King.
Una catena di parentesi per scoprire quanto la vita può essere agra ma indimenticabile.