Giallo interiore, di Sabrina Penteriani
Nico N. N., inviato di un quotidiano «di qualche rilievo», Barbara, donna tradita e delusa dalla vita, Alvaro, insegnante di francese, in preda a una straripante solitudine: sono le tre voci narranti de I nomi della polvere del finalista Mario Lunetta.
È un romanzo «meditativo», un giallo interiore: il dipanarsi della trama; più che un susseguirsi di azioni è una sorta di puzzle psicologico, una continua autoanalisi dei personaggi, in cui fatti, particolari, sentimenti si saldano e si incastrano come tessere di un mosaico fino a comporre, lentamente, una storia.
Nico, Barbara e Alvaro, per ragioni diverse, indagano sulla vita di B., pilota leggendario, di suo fratello Federico, giovane di belle speranze che si è tolto la vita a trent’anni (ma sarà proprio vero?), di J., donna misteriosa, affascinante e volubile, che li ha separati. Si dice che Federico abbia compiuto l’insano gesto in seguito a una malattia che gli ha sfigurato il volto. Ma Nico, reporter piccolo e modesto, e in fondo d’indole apatica, in modo inaspettato si trova sotto gli occhi un indizio che sembra smentire la tesi del suicidio.
Nico, vecchio compagno di scuola di B., lo incontra di nuovo a distanza di anni per lavoro, e resta invischiato nella sua storia, un po’ per mestiere e un po’ perché una serie di fatti (coincidenze o destino) fanno sì che la ricerca della verità per lui diventi una specie di ossessione. Barbara è la moglie di B., che cerca di gettare luce sul passato per ricominciare a vivere. Alvaro è innamorato di J., l’ha persa e la insegue: è un modo per dare senso alla sua storia e alla sua vita.
B., che è in fondo il protagonista e il «motore» della storia, come la sua amata J. non ha neppure un nome intero: non esiste, se non nel racconto degli altri personaggi. Mario Lunetta, classe 1934 è giornalista, scrittore, romanziere, novelliere, saggista e poeta. Ha al suo attivo oltre cinquanta volumi, anche per il cinema e per la radio. I suoi lavori sono stati tradotti in molte lingue. La sua esperienza letteraria si legge chiaramente in questo romanzo, si riversa nella sua scrittura e la «riempie», rendendola densa e complessa. La sua lingua è precisa, varia, lussureggiante, un po’ ridondante, mai trascurata, ricca di citazioni e rimandi, un invito esplicito a non fermarsi al «primo strato» della lettura. Non a caso Lunetta scrive, in una sua «Dichiarazione di poetica»: «Il mondo è sempre –medianicamente– una boîte di inquietudini nella quale sono pronte a scattare infinite tagliole, e i simulacri sono spesso e volentieri scambiati per sostanze corpose, in una lotteria sregolata e truffaldina».
Il tono della narrazione, anche quando sfiora il dramma, resta estraniato, con una inesplicabile vena di leggerezza e di ironia, non esente da un velo di cinismo. Lunetta gestisce con passione e lucidità il fitto intrico del romanzo, sezionandolo a «prismi»: ogni personaggio ne mostra un lato, una diversa verità. L’insieme è elegante ed equilibrato, e la lettura scorre fluida, imbrigliando il lettore in un crescendo di emozioni che alla fine si dissolve in modo quasi paradossale.