Mario Lunetta, I nomi della polvere

27-06-2006

Uno sguardo sull'amore, di Luigi Ferlazzo Natoli

 
Leggo in ritardo il romanzo di Mario Lunetta I nomi della polvere (Manni, pp. 262, euro 18). Mario Lunetta è –come tutti sanno– poeta, narratore e critico letterario e lo conosco da oltre un decennio, da quando cioè mi incoraggiò a pubblicare il mio primo e unico romanzo Novel (Il Ventaglio). Nel titolo il senso della precarietà del vissuto e della impalpabilità del protagonista B., nel susseguirsi continuo di apparizioni/scomparse.
Posso sbagliare (non essendo un critico letterario di professione), ma credo che dietro questo romanzo (uno dei più interessanti e intriganti che ho letto negli ultimi anni) si possa cogliere tutta la teorizzazione sul “punto di vista nella narrazione”. Penso, per esempio, al saggio di Paola Pugliatti Lo sguardo nel racconto (Zanichelli, 1985) e mi viene in mente una osservazione di Cesare Segre: “Il narratore può identificarsi col protagonista della storia e raccontarla come una autobiografia; può presentarsi come un personaggio secondario, testimone di vicende in cui è stato implicato; può, restando fuori della storia, mantenere comunque il punto di vista del protagonista, oppure farsi di volta in volta interprete di pensieri e sentimenti di tutti i personaggi, e così via”.
Orbene, nel caso de I nomi della polvere la storia è iniziata e conclusa da Nico N.N., ma è raccontata attraverso dei co-starring di B., da Barbara, moglie separata di B., un coacervo di sensibilità e turbamenti, da Alvaro, amico di N.N., e amante abbandonato della bellissima J. Ognuno di questi personaggi parla dell’aviatore-acrobata B., esprimendo il suo punto di vista e risultando coinvolto in un modo o nell’altro nella storia, che si snoda come una sorta di caccia all’uomo (dopo la scomparsa di B.),e poi della coppia B.&J., o come ironicamente viene chiamata dall’autore J.&B.
Attorno ai protagonisti e ai co-starring ci sono –come nei film che si rispettano– i caratteri di peso: la psicologa boema Bubna (amica di J.), che finisce per l’uccidere l’amichetta Ofelia e, poi, col suicidarsi in carcere; il chitarrista monco Dinamite (il Dina), che muore in seguito a infarto; e infine il Romagna, che coinvolge Nico N.N. in serate con belle pupe, cene al ristorante, discoteche, etc. All’inizio, tuttavia, la ricerca del cronista-detective Nico N.N. viene orientata verso un personaggio, altrettanto sfuggente e impalpabile, Federico, bellissimo fratello di B. e amante infelice di J., per scoprire il perché del suo suicidio. Aggiungo che la trama o il fil rouge degli amorosi intrighi è sorretta da un personaggio-chiave come quello di J., che spinge al suicidio (?) Federico, coinvolge in un amore inconsolabile Alvaro e si lega, infine, col protagonista B. La storia, come si legge (e condivido) nella quarta d copertina, può apparire quasi un feuilleton, ma scritto in una lingua controllata e con continui trabocchetti e trappole, tesi al lettore dalle capacità letterarie –che rasentano talvolta il virtuosismo– dell’autore. Spero ancora una volta di non sbagliare, ma credo che questo romanzo di Mario Lunetta possa collocarsi nell’Ecole du Regard, o meglio nel Nouveau Roman, che ha avuto in Robe-Grillet uno dei protagonisti di spicco. Penso, per esempio, al Grillet di Le mioir qui revient, ossia Lo specchio che ritorna, o ancora prima de Le gomme. Tutto ciò, a condizione di accettare la interpretazione autentica di Robbe-Grillet: “Sul Nouveau roman sono state dette e scritte sciocchezze da sempre. Il più grande malinteso sui miei libri, negli anni Cinquanta, è stato quello di considerarli oggettivi. La cosiddetta Scuola dello sguardo esprimeva una soggettività rivolta all’oggetto, l’autore soggettivamente descriveva l’oggetto. Guardandolo lo deformava inevitabilmente. Oggi lo sguardo è rivolto a se stesso, al proprio passato”.