Il momento speculativo del poeta, di Tiziano Salari
Dismisure s’intitola l’ultimo libro poetico di Matteo Bonsante. Quasi a voler sottolineare un eccesso, una smoderatezza rispetto alla misura. Ma rispetto a che cosa? Si dice nel testo d’apertura: Siamo sulla terra e nella mente/per vincere il senso di dismisura/che da ogni parte cinge. Sembra qui voler sottolineare una dismisura, ma non rispetto a qualcosa – magari l’uomo, secondo l’affermazione di Protagora – che costituisca il metodo, il limite, la prospettiva, la misura, all’interno del quale raccoglierci e coglierci,fino ad acquietarci nell’appagamento. No, l’uomo stesso, rientra in questo eccesso, in questa dismisura.Slegarci dalla gabbia del nostro/finito esistere e coglierti…/e coglierci…/nel filo d’erba che sbigottisce/al vento. L’uomo e il filo d’erba uniti sostanzialmente in questa percezione di un eccesso che li sovrasta e li ingloba nella essenziale permanenza di una verità semplice ed originaria. L’apparente semplicità della poesia di Bonsante rivela il superamento di un retroterra tormentoso. Soltanto un’intelligenza che si è distaccata dall’ego e dalle cose ha saputo elevarsi alla grazia di parole che nella loro umiltà di testimonianza si trasformano in certezza incondizionata di un possesso senza possesso, di un essere senza avere.Poesie come Sull’espanso agio della mattina/fluttua e vaga sapientemente il giorno,(p.13),o Il sorriso del vento ci riporta/nel brusio delle foglie/l’incantato fluire dell’Ora (p.14),fanno lampeggiare, nella loro semplicità disarmante, l’essere stesso in quanto evento quotidiano, o la sua essenziale permanenza all’origine. Si potrebbe dire con Heidegger che “l’Essere è la vibrazione dell’accadere divino”, ma non è l’uomo, per Bonsante, a istituire la verità dell’Essere,come per Heidegger,è la stessa divinità a farsi luce, a rivelarsi nella luce del pensiero (p.15). Quello a cui tende il poeta, e che viene esemplificato in un’epigrafe tratta da Maistre Eckhart – L’occhio nel quale io vedo Dio/ è lo stesso occhio in cui Dio mi vede –(p.24) è diventare uguale alla verità di cui vuole parlare, in altre parole essere la stessa verità, diventare Dio.Identificarsi con la bellezza della natura- D’improvviso il ciliegio in fiore!- -(p.25),Questa mattina di azzurra brezza,la camicetta stesa al sole, col suo garrire –(p.28)o ancora –Il paesaggio di capre/di erbe e di dirupi,/è vivo, liquescente, /echeggiante/ -(p.29), come un mistico, significa non pensare a Dio come a un ente distinto dal mondo, dalla natura, dall’uomo Dio è la stessa natura, nelle sue quotidiane epifanie. Col cuore alto,/sulle balze dell’alba./Ti celi e ti riveli/nel mio,tuo stesso sguardo./Assieme, sul levarsi/del giorno (p,24). Stefano Guglielmin, nella bella introduzione,parla di altri pensatori, oltre Eckhart,da cui Bonsante si fa accompagnare nel suo viaggio e cita in alcuni epigrafi come Rabbi Mendel di Kozk, Angelus Silesius, Nicolò Cusano, o fanno da sfondo alla sua cultura elettiva, come Martin Buber, Pascal, il matematico russo Gorge Cantor col suo concetto di transfinito,e altre matrici ancora, dallo Zen al sufismo ecc.ecc., innestate sulla radice mediterranea del poeta pugliese e trasfigurate “in sinestesie ermetico-surreali” “della matericità del Sud” secondo quanto scritto da Daniele Maria Pegorari in uno studio su Bonsante. Tutto vero. Quello che sorprende, in Bonsante, è la grazia raggiunta di uno stato che è al contempo il regno dello spirito e il regno della libertà, “cioè quello in cui non si è sottomessi al determinismo universale, e da cui ci si è liberati proprio riconoscendolo, ovvero guardando in faccia la finitezza, la soggezione alla necessità” (Marco Vannini, Prego Dio che mi liberi da Dio). Schiacciato dalla tua diversa/infinità/ che mi rende appena esistente,/mi hai dotato del tuo stesso sguardo,/piccolo anch’esso, ma che,/ al contatto del vasto/impervio mondo,/si allarga e si spinge nelle tue/braci e risonanze,/e ti coglie nel Grande Istante/che mai si spegne.(p.37). E il Grande Istante è la stessa cosa dell’Eterno di p.27 e dell’Eternità di p.34, e ciò, in altre parole, significa che l’eternità è già qui. Ora. (p.42), che la spianata dorata dell’eterno(p.43), il Grande Istante è il presente, al di là di ogni successione temporale,che il regno dello spirito e della libertà è al di là dello spazio e del tempo, dominati dalla cura e dalla necessità. E tuttavia, in Bonsante, lo spirito non è separato dal sensibile, dal molteplice, che, all’opposto, viene trasfigurato e intensificato nella sua presenza luminosa e in tal modo incluso nel Grande Istante del regno dello spirito.In questo giorno che di sé inonda/tutto il mare e tutta l’estate,/si disgela la tinozza dell’eterno./Qui sotto il mio segreto sguardo. (p.64) Quello che è da sottolineare, nella poesia di Bonsante, è l’attraversamento del momento speculativo e l’approdo a un gioioso stato emotivo di grazia che effonde la sua luce in ogni attimo dell’esistenza. E non perché con la grazia pretenda di conoscere, afferrare, possedere qualcosa, ma soltanto di essere gioiosamente nel tempo presente.