La tensione poetica lungo il percorso del libro ha qualche alto e basso (relativo), ma lo stile di Battaglino è assolutamente talentuoso, incisivo, efficace: si vede bene che la sua parola è già passata al vaglio di un lavoro tenace ed esigente, teso ad affilare le armi giuste per affrontare e sviscerare i molteplici sensi che si nascondono nelle “cose della vita”, e che sembrano sempre giocare a rimpiattino con l’ansia umana di conoscere, di andare oltre.
È proprio questo il gioco che il poeta sa giocare, fra toni elegiaci, esistenziali e storico-narrativi, che tutti concorrono al solo fine di comunicare ciò che deve essere comunicato. Scrive l’autore in un componimento della sezione Oltre il visibile, la sezione centrale del libro: “Bisogna andare avanti in ogni caso / attraversare fiumi vorticosi / … / arrestarsi solo per prendere fiato / rimodulando strumenti di bordo / antenne e vettovaglie. / Oltre il visibile tende la vista”.
Ecco esplicitata la tensione direi quasi programmatica di questo lavoro di poesia. Ma il tendere “oltre il visibile” non significa per Battaglino, almeno nella grande maggioranza dei casi, cadere in temi astratti, freddamente intellettuali o troppo intimisticamente distaccati. No: la chiave di questo “oltre” si trova anche e soprattutto nella descrizione di concrete vibranti saporite realtà. Numerose sono le descrizioni di ambienti geografici e storici, sempre strettamente legati all’interiorità e al vissuto dell’autore e delle altre persone che vi abitano.
Come scrive Alberto Casadei nella prefazione al libro, “la lirica di Battaglino si sostanzia di una sincera apertura verso gli altri e l’altro”. E va dunque a far parte, a mio avviso, di quel movimento verso una ricreazione della poesia come valore condiviso e condivisibile, fuori dei movimenti più caratterizzanti della cultura del secolo nuovo.