Articolata in tre sezioni, la raccolta di Michele Battaglino, Radici e ali, si identifica soprattutto con la prima, Reminiscenze, del resto la più corposa, ricca di componimenti più immediati, più emotivamente coinvolgenti, dove la memoria e le riflessioni si traducono più direttamente in immagini. Si veda Mio nonno, esemplare per l’andamento ritmico, la plasticità della rappresentazione dei movimenti, l’equilibrio delle parti, le scelte lessicali, l’affettuosa ironia culminante nel “rampino vittorioso”. Così Il Vallone dei Greci, come altri dove non è necessariamente la nostalgia il nutrimento essenziale: in Vacanza estiva di quel mondo, in cui la “fatica” era “un vestito / su misura per tutta la famiglia”, è restituito il giovanile sgomento; anche Nitrire di puledri volanti, pur collocandosi in un doloroso presente, trova la medesima felicità di espressione. La stessa che si ritrova anche dopo, in diverse altre poesie distribuite nelle due successive sezioni nelle quali prevale un atteggiamento raziocinante, sentenzioso nella seconda (Oltre il visibile) e letterario nella terza (Pisa e dintorni).
Accomuna le tre sezioni il linguaggio incisivo, sorvegliato, dove la parola lavora paziente alla ricostruzione di un grumo di realtà, un paesaggio come un moto dell’anima, un sogno come un fatto, per consegnarsi al lettore solo nella raggiunta sintesi fra precisione e polisemia, rigore e varietà del ritmo.
E tutte le sezioni sono essenziali al discorso che, estraneo a qualsiasi ideologismo, desolato ma non arido, coglie i più vari aspetti del vivere sviluppandosi intorno alla contrapposizione fra luce e tenebra, afa e varia, il qui e l’oltre. Si apre con la “stella polare”, la “lucciola / sparuta che buca le tenebre”, continua con la luce che assegna colori all’ “entità informe” e si conclude nell’intenso testo di congedo dove l’emozione sempre contenuta pare per un attimo tracimare in un’onda armonica che subito viene richiamata, e l’affermazione sconsolata dell’inutilità del vivere è frenata, quasi contraddetta dalla volontà di continuare a perseguire oltre il tempo l’ideale, la luce, “l’aquila regina irraggiungibile”, la poesia, che dà l’unico senso possibile all’inutile “tempo che ci è dato”.