Chi è?, di Alessandro Vegliach
Nevio Del Longo dedica il suo secondo romanzo, Capriccio n.24, ai suoi allievi, attuali e futuri psicoterapeuti. La dedica pare appropriata, infatti, aldilà delle doti di Del Longo, capace come pochi di dare e ricevere umanità tramite il suo ruolo didattico, il romanzo si presenta come una splendida metafora del lavoro psicoterapeutico.
Per ogni terapeuta, la domanda centrale che muove il motore analitico risulta essere chi è? il nostro paziente. Senza questa umana curiosità il processo terapeutico non si avvierebbe, l’opera di cambiamento non partirebbe.
La domanda che ci poniamo, su chi è? il nostro paziente riguarda non solo il livello apparente, non solo con chi viva, quale lavoro faccia, come sia stata la sua infanzia, quali siano i suoi hobby, il suo colore preferito, come ha chiamato il suo cane o com’era il suo primo amore... la nostra curiosità terapeutica si spinge ben più in là, vogliamo capire, assieme a lui, chi è aldilà del ruolo che si è dato, del personaggio che spesso recita attraverso la riscrittura incessante di trame coattive confuse e oscuramente difensive.
Il processo di svelamento riserva spesso sorprese alla coppia terapeutica che si trova a definire, in chiaro accordo con la metafora archeologica proposta da Freud, forme psichiche nuove del paziente, non immaginabili il giorno in cui per la prima volta paziente e terapeuta si incontrano nello studio del professionista.
Del Longo ripropone questo processo portante attraverso i tre protagonisti del suo romanzo che inizialmente appaiono ben diversi da quanto scopriranno di essere in seguito. Lo scopriranno non attraverso il lavoro terapeutico bensì attraverso l’intreccio dei fatti che li coinvolge in un menàge a trois metafisico, metafisico perchè uno dei tre muore immediatamente prima dell’inizio della storia. Questi è Martin Coe, pittore volubile e impulsivo, personaggio che vive nel romanzo attraverso le sue opere pittoriche ed i ricordi che porta di lui la sua ex-compagna Anne Campbell, violinista bella e confusa, splendida nel suo apparire seducentemente isterico. Il triangolo viene chiuso da David Carrey, psichiatra e psicoanalista introverso e legato religiosamente alla sua professione oltre che ai suoi numerosi rituali ossessivi.
Saranno delle opere incompiute di Martin, scoperte dopo la sua morte, a permettere un repentino svelamento dei ruoli che evidenzieranno la coartata affettività di Anne e David e la loro superficiale disponibilità sentimentale tesa a coprire, in realtà, il loro profondo isolamento affettivo, la loro corazza narcisista. Per contro, il narcisismo dapprima evidente in Martin, apparentemente il più egoista e disturbato dei tre, si scioglie alla rivelazione, attraverso la scoperta della sua opera pittorica criptata, della profonda affettività che provava per Anne e per la vita e da cui, disperatamente si difendeva attraverso il bere compulsivo e le intemperanze comportamentali.
La riconsiderazione, pur postuma, della sensibilità di Martin pone dolorosamente a confronto con il loro vero essere Anne e David evidenziando, nel contempo, la loro incapacità di darsi all’altro e l’effimero spessore del loro amore, amore che si frantuma di fronte all’implodere delle loro infrastrutture difensive.
Qui il Del Longo romanziere lascia abilmente spazio al Del Longo terapeuta che non sceglie per i suoi personaggi così come non bisogna scegliere per i propri pazienti. Anne e David vengono lasciati al loro rispettivo destino, starà a loro scegliere se trovare il coraggio di guardarsi senza trucco, rispecchiandosi nella loro dolorosa umanità, oppure continuare a mascherarsi con l’effimero e distorsivo cerone narcisista. La chiusura del romanzo sottolinea così l’importanza etica di lasciare ai pazienti il coraggio o meno di uscire dalla studio abbandonando la loro maschera sul lettino per mostrarsi al mondo con il loro vero volto psichico. Forse l’interezza del lavoro terapeutico stà proprio in questo: accompagnare il paziente alla libertà di scegliere pienamente il proprio destino.
Del Longo apre il libro con una citazione di Bion, “adesso ne so abbastanza da sapere che non so. E a dispetto di tutte le pressioni che mi vengono fatte perchè io sappia le risposte, io non le so”, rare volte l’incipit di un romanzo è stato così fedele alla storia che narra ed al principio cardine attorno a cui si delinea: quando il processo di cambiamento inizia risulta come l’acqua, incomprimibile e scarsamente controllabile, ben ce lo ricorda Del Longo e questo, permettete, rasserena: pur se abbiamo confermato un romanziere non abbiamo perso un maestro. Del Longo ci dona un’altra perla che congiunge umanità e tecnica, fantasia e professionalità: come allievo, non posso che ringraziare, per la dedica, per il racconto e per l’insegnamento, come sempre puntuale, generoso ed incondizionato.