Nico Naldini, Il nobile Von

03-05-2008
Naldini: fantasmi a Venezia, di Paolo Mauri
 
È una specie di sogno ad occhi aperti quello che Nico Naldini fa in un microlibro appena pubblicato da Manni, Il nobile Von. in forma di lettere non spedite a Francesco Zambon veneziano, Naldini lascia che riaffiori tutto un passato di luce e di eros in una Venezia che c’è ancora, ma che non è più quella. Come fantasmi appaiono dunque i personaggi conosciuti dall’autore nei primi anni Cinquanta: un Egon von Lama (il Von del titolo) alto, dinoccolato, intelligente, amico di Montale e della Mosca. Omosessuale? si interroga retoricamente Naldini: naturalmente.
Una mattina l’autore esce dalla casa di Egon e incontra, tra i banchi della frutta e verdura, un signore non alto, grassoccio… È Palazzeschi, conosciuto in realtà vent’anni dopo, ma nei sogni appunto accadono queste cose. Due stanze, due armadi, un De Pisis e un abito da gondoliere subito indossato (c’è una fotografia celebre). «mi raccomando» gli avrebbe detto anni dopo a Roma, incontrandolo con Pierino Tosi, «non sbandierare l’omosessualità come ormai fanno tutti». Centro di questo librino prezioso è proprio l’omosessualità: la caccia ai ragazzi, il godersi la vita, le angherie degli ambienti più retrivi, ma è anche la luce impareggiabile della laguna. Alla Biennale del ’48 negano il premio a De Pisis, già deciso. Lo daranno a Morandi, per evitare scandali. Ma è De Pisis a dipingere la luce di Venezia, come aveva fatto meravigliosamente Turner tanto tempo prima. Alla fine Naldini fa un bilancio della sua vita: ha scelto di vivere solo, nonostante Comisso gli consigliasse il contrario. Sereni e poi Feltrinelli gli avevano offerto lavori importanti, ma l’omosessualità e poi la parentela con Pasolini non aiutavano e nulla si era concretizzato. Incontra un Moravia corrucciato. In un flash appare Antonioni che di lontano lo saluta. L’autore resta nella nebbia, pago del suo vissuto.