Come i chicchi di una melograna, di Giuliana Coppola
Dolce cattività è sintagma montaliano, preso in prestito da Nicola Papa perché divenisse titolo della sua opera prima di scrittore; perché, hai subito pensato, riassumesse in un ossimoro forte, d’impatto, il senso di una storia che accomuna, una storia dolce amara come i chicchi di una melograna…
“Te le ricordi le site, le melograne staccate dall’albero e sbattute con forza contro lo spigolo del marciapiede, nei pomeriggi d’estate in un quartiere popolare di un antico e sonnolento paese del Sud e i chicchi polposi e rossi da gustare avidamente dal palmo della mano…”.
Te le ricordi… ed il ricordo del paese tuo, del Sud del Sud dei Santi è la valigia che ti si appiccica alle mani piagate, quando decidi di divenire, per un motivo o per l’altro, un emigrante anche tu e non importa se sei un operaio, un povero cristo o un dottore in qualcosa. Importa che, d’un tratto, t’accorgi che la tua terra t’ha pugnalato alle spalle e che quella ferita continua a sanguinarti, ferita di te che mai e poi mai te lo saresti aspettato di dover partire e abbandonare le riviere e le piazze e i tuoi amici e la tua casa e il sorriso della nonna e il pianto che non si vede di tuo padre e di tua madre. Ferita di te che mai e poi mai, d’iniziativa tua, avresti voluto sentirti dimezzato, un piede qua e un piede là, diviso il cuore tra Nord e Sud a cercare di non provarla dentro la pena “…il ricordo, la nostalgia che fiacca le membra, illude la mente riempiendola di sogni, fissando traguardi possibili per il ritorno o struggenti scelte di non ritorno, ove i traguardi siano impossibili”.
Che, quando la senti dentro la pena, ti viene dentro malinconia e voglia di cantare l’elegia su te che muori, poco a poco, “nel profumo dolce dei gelsomini e quello amaro dei mandorli in fiore…” oppure può succedere, è giusto che succeda, che t’esploda dentro urlo silenzioso e che urlo silenzioso diventi rabbia e che rabbia diventi denunzia per tutti i Gigi del mondo e che urlo silenzioso diventi allora denuncia affidata alle pagine… ed è questa la forza di Nicola Papa; ha affidato alle pagine la denunzia e la malinconia perché denunzia e malinconia, che sono forza sua, diventino forza d’altri, mentre stremati, si decide la scelta da compiere, qualunque essa sia, pur di tornare a rivedere le stelle, dopo il buio dell’inferno. Si può partire e si può ritornare “…c’è sempre una riviera per chi s’arrende per poco”.
Riviera da scegliere può essere il Sud del Sud dei Santi, a patto che diventi un angolo in cui “se un essere umano è felice sul lavoro, lavora meglio e di più. Rende più sereno l’ambiente circostante. Ne migliora l’efficienza”. Non ci vuole molto a credere “in un nuovo umanesimo… un Capitalismo umanista,” nel Sud del Sud dei Santi.
Ma riviera può essere ogni angolo di questa terra in cui si può realizzare un “capitalismo umanista”; ossimoro anche questo, pensi d’un tratto, come “dolce cattività” che si è meritato un titolo, il titolo di un’opera prima, documento dell’anima d’uno scrittore che crede nell’economia della felicità e nel giallo dei limoni.