Nicola Vacca, Incursioni nell'apparanza

21-11-2006

Solo versi, per non arrendersi, di Rosemary Jadicicco

Maschere pirandelliane, di carne, spesso esangui, è ciò che resta dell’uomo da quando ha rinunciato alla moralità, alla spiritualità e alla speculazione metafisica.
Un turbinio di materia, bruta e ottusa avvolge i nostri sensi e le menti, ottenebrandoli.
Come già gli inquieti poeti “vociani”, una delle avanguardie letterarie più problematiche ed enigmatiche che all’inizio del secolo scorso collaboravano appunto alla rivista fiorentina “La voce”, anche Nicola Vacca accusa un senso di forte scoramento nello scorgere nel mondo soltanto oggetti caduchi. L’albero è solo un albero e nulla di ciò che osserviamo ci riconduce ad un’esistenza spirituale superiore. Tutto resta banalmente ancorato alle terra ed è fine a se stesso. Ma, sebbene lo sconforto e il senso di morte attecchisca kafkianamente e con ostinazione ai lembi delle anime superstiti, lo stesso malessere di coloro che sono ancora dotati di sensibilità e spiritualità, è pur sempre un mezzo efficace per diradare le nebbie del pulviscolo del nulla ed un potenziale riscontro oggettivo della volontà di non soccombere ad una nuova “divinità”: il vuoto e cieco materialismo che impera nel nostro tempo. Nonostante tutto una nota di ottimismo strisciante, dunque, quello che Vacca esprime nel suo nuovo e toccante libro Incursioni nell’apparenza. L’autore non intende arrendersi alla disperazione e lotta con tutte le sue forze, anche per noi, per la nostra salvezza, attraverso la sua poesia, offrendo nei suoi bei versi, un estremo rifugio all’anima e alla metafisica ripudiata. “In questo deserto di anime, / Più che vive, / Anche la mia preghiera si spegne / Nella caducità di ogni cosa / Che muore per mano dell’uomo. / Cede anche qui nella terra / Illusoriamente chiamata santa…”, e altrove, “Perde sangue il dialogo con le parole / Dettate dal cuore, dall’anima, dalla morte; / Questo chiacchierare sconcio / Con l’inconscio della lucida coscienza / Apre uno squarcio nella follia della solitudine / … Esiste in questo groviglio di materia incandescente / Soltanto la rappresentazione di un incubo; / La contraffazione è il simbolo di questo nuovo millennio: / Noi, di questa mascherata, siamo l’irriducibile metafora…”. Un’amarezza che si stempera però nel sarcasmo, voluto ed espressamente invocato nell’aforisma di Leo Longanesi, che ben sintetizza il messaggio dello scrittore, posto come exergo all’inizio del testo: “La sola notizia seria, grave, severa è che la morale è morta e che viviamo senza accorgerci della sua assenza”. Nicola Vacca è nato a Gioia Del Colle nel 1963, è laureato in giurisprudenza. Collabora alle pagine culturali di riviste e quotidiani ed è stato recentemente finalista al Premio San Pellegrino, il più ambito in Italia, per la poesia.