Paola Baratto, Solo pioggia e jazz

24-03-2006

Baratto, l’apologo del tempo rimosso, di Federica Papetti


Combattere il trascorrere del tempo è una guerra persa. Tale consapevolezza esplode non a caso nell’assenza del tempo artificialmente scandito dagli uomini, quando l’ozio prende il sopravvento sulla frenesia delle attività umane.
La scrittrice bresciana Paola Baratto con la sua ultima fatica letteraria, il romanzo Solo pioggia e jazz edito da Manni editori e presentato al salone Vanvitelliano in palazzo Loggia, si addentra nel mistero del tempo offrendo ai lettori un’opera di grande pregio stilistico. La sua scrittura raffinata, la prosa levigata, frutto di un lavoro certosino, è il dato sottolineato dal sindaco Paolo Corsini, ma anche dai giornalisti Claudio Baroni, vice direttore del Giornale di Brescia e Massimo Tedeschi, inviato di Bresciaoggi.
Il breve romanzo prende le mosse dal viaggio di una critica gastronomica catapultata in un albergo dove ogni ospite è obbligato a consegnare il proprio orologio prima dell’inizio del soggiorno. Incipit eloquente per un percorso letterario dove la noia apparente scandisce il passare dei giorni dei protagonisti. L’unica attrattiva è rappresentata dalle evoluzioni di un bradipo e dalla biblioteca con libri senza rilegature, nè copertine. È lo spunto suggestivo che permette all’autrice l’inversione di marcia nella seconda parte quando, invece, l’auberge diventa una clinica «no age» dedita alla promozione della linea di prodotti di bellezza «Immortalia». Solo nella terza parte «il soffio del nuovo manda all’aria le tessere» e - senza fornire anticipazioni sul finale - Claudio Baroni confessa l’assenza di un vero e proprio «the end». La scrittrice decide di lasciare il lettore ad un bivio, sicuramente con un punto di domada. Forse con punto esclamativo. Con questo romanzo, osserva Massimo Tedeschi, l’intreccio letterario trascina «il lettore in un gioco di specchi, e offre un grande apologo del tempo e sul tempo». La dimensione temporale descritta da Paola Baratto è una provocazione per riaffermare il valore del vuoto e del silenzio. Spazi che possono apparire un baratro sui pensieri angoscianti della condizione umana, ma luoghi indispensabili per elaborare la dolorosa finitudine del tempo, evitando cedimenti alle lusinghe illusorie dell’immortalità.