Paola Casoli, Figura

01-10-2015

Una profonda leggerezza, di Camillo Bacchini
 

Ho conosciuto Paola Càsoli negli ormai lontani anni Novanta, grazie ad una raccolta antologica di poesia parmigiana che si radunava attorno a Pier Luigi Bacchini (il titolo del grazioso volumetto, “Poeti”, è tratto dal poemetto Versi sulla Morte in Distanze fioriture) e alle illustrazioni di Carlo Mattioli. Da allora, molta acqua è passata sotto “i ponti di Parma”. Sono contento, quindi, dopo una mia – forse colpevole – mancata frequentazione della sua poesia in tutti questi anni, di ritrovarla ora, con una fresca raccolta di versi per i tipi di Manni, che porta il titolo di “Figura” e la prefazione di Paolo Briganti. Càsoli, in questo nuovo libro più che negli altri – che ho nel frattempo doverosamente recuperato – compie una promenade attraverso il Novecento, confrontandosi liberamente con le sue tradizioni, e lo fa col candore e l’innocenza che le derivano da una naturale predisposizione piuttosto che da modulazioni che le risuonano nell’orecchio, pur fine, certo, ed educato da tempo alla poesia. Si tratta d’un consapevole modo di recuperare certe scelte poetiche per riviverle, renderle attuali, e non già d’una messa in discussione – magari polemica - delle tradizioni stesse. La raccolta ha quel tanto di leggerezza che le dona, insomma, e a Casoli non interessa una pesanteur letteraria che un repertorio così importante tirato in causa potrebbe comportare se posto in altro modo. Si va dunque dal D’Annunzio de L’onda (rivisitato in una forma breve “in corto”, per utilizzare le parole di Briganti) al verso contratto di ascendenza Ungarettiana, che si tramuta lentamente e senza parere, nel corso delle pagine, in forme brevi che orecchiano persino la poesia giapponese (“oltre il confine del giardino / il riposo del guerriero”), e che, a tratti, non sono estranei ad una sorta di ironia del pensiero (“La materia si fa spirito,/lo spirito materia”). Presente anche, talvolta, una componente scientifica ancora una volta Bacchiniana (“La terra gira, / nel suo movimento astrale”), componente favorita da una convivenza geografica, come afferma il Biganti e, direi, anche editoriale: non solo per l’antologia Poeti di cui sopra, ma anche per una più o meno vicina uscita per la casa editrice “La Pilotta”. Non più che suggestioni, comunque, che Càsoli distribuisce con una nonchalance persino elegante, perché a Paola, come dicevo, interessa altro, rispetto ad uno sterile - ed ennesimo, oggi - discorso formale. Ciò che le interessa è adattare la modulazione del verso, di volta in volta e darwinisticamente, alla variazione momentanea che il contenuto autobiografico, qui molto forte, le “ditta dentro”. Ecco che allora la molteplicità calibrata delle citazioni letterarie assumono un senso diverso dal mero pastiche postmoderno, inviso alla poetessa parmigiana. Uno scòpo preciso. Le sue mattine, ad esempio, ove serve, assumono a volte le sembianze terse e cristalline dei versi di Penna – altra presenza importante in Figure – (“Su una barca /tra due remi/ pescare / Un giovane uomo / dai riccioli d’oro”); oppure una forza di illuminazione che deriva direttamente dalla lettura d’Ungaretti (parola radiante/forme), se l’animo lo esige; le osservazioni naturalistiche riprendono poi, qui e là, bozzetti impressionistici di declinazione bertolucciana (la luce si effonde/ sulla marina /nel breve riparo/ del tempo). Dunque, una plurale, articolata, eppur mai complessa, evocazione di voci, come in un coro ben diretto.
I temi, per dir d’altro, sono l’amore, la giovinezza, il ricordo, la bellezza della natura, come se la poesia per Càsoli fosse, più che un rifugio metafisico, un buen retiro della mente e del cuore. Soltanto una non indifferente sensibilità letteraria, capace di piegare alcune delle molteplici tradizioni del Novecento e oltre alla propria intima, particulare sensibilità d’animo, riesce a produrre versi così sfacciatamente còlti quanto piacevolmente leggeri, affatto pretenziosi (“il piacere di non conoscere/la sapienza di non sapere”), scevri d’ogni residuo di metaletterarietà e, di conseguenza, del tutto vivi.