Paola, Frandini, Ebreo, tu non esisti!

16-04-2007
Pagine da leggere e su cui meditare, di Italo Arcuri

"Milano, 11 settembre 1938. Duce! E’ un grido disperato che viene a Voi in questa ora inumana! Se Vostra Madre, di cui eravate tanto degno, Vi avesse a un tratto rinnegato come Figlio, di quale dolorosa rivolta avrebbe sofferto il Vostro cuore? Oh Voi che tutto potete, arrestate l’opera del veleno che fa delirare di dolore tanti cuoi italiani! Non colpite i nostri bambini, i nostri figli giovinetti, eredi di quanti diedero membra e vita per la nostra Italia, o che seppero col loro austero esempio esserne ben degni!..... Firmato Margherita Donati Sacerdote”. E’ una delle 90 lettere pubblicate in ‘Ebreo, tu non esisti’, una raccolta di lettere, firmate e anonime, di ebrei italiani indirizzate a Mussolini, ai suoi familiari, al suo segretario particolare Osvaldo Sebastiani e ad esponenti di spicco del regime fascista, curata da Paola Frandini per Manni Editore.

Le missive, che vanno dal settembre 1938 al 1939, “quando i decreti in difesa della razza furono precisati, ampliati e progressivamente convertiti in legge”, provengono da tutta Italia e, come scrive, nella sua prefazione, la stessa curatrice del libro, “sono scritte a caldo, nello sgomento dei primi decreti... Rappresentano l’antefatto, forse la microstoria della Shoa in Italia”.
Il libro evidenzia eloquentemente il senso di smarrimento, umiliazione e paura che la promulgazione delle leggi razziali provocarono in intere famiglie ebree residenti in varie città del nostro Paese. Tra le righe di molte di queste lettere è quasi possibile avvertire la frustrazione, la mortificazione di queste donne e di questi uomini nel vedere intorno a loro crearsi come un ‘muro’ di incomprensione con l’ambiente circostante. Un’incomprensione, in buona parte, frutto dell’ignoranza del feroce destino che molti ebrei di altre nazionalità avrebbero condiviso in triste comunione. La paura e lo smarrimento espressi in queste missive attraversano tutti i ceti sociali e superano qualsiasi barriera culturale: chi scrive è un insegnante o un militare, un operaio, uno studente, una madre, una sposa, una casalinga, un artista di teatro, un cattolico ‘indignato’. Non mancano personalità di spicco come il presidente della Fiat Giovanni Agnelli che intercede per il “non licenziamento dell’ingegnere De Benedetti”, la nota violinista Gioconda De Vito “per la discriminazione richiesta da Pellegrino Rosselli”, Maria Pascoli (sorella del celebre poeta Giovanni) “per il poeta Angelo Orvieto di Firenze”, l'attrice Maria Melato “per le signorine Felici di Milano insegnanti messe a riposo”, della principessa Jolanda di Savoia Calvi di Bergolo “per il tenente di cavalleria Livio Corinaldi”.
Un libro da sfogliare con tensione emotiva e con occhio attento, per arricchire la propria bibliografia di una testimonianza corale dell’Italia sottomessa al fascismo e alla sua tragica esperienza che l’ha accompagnata per due lustri del ‘900. Pagine ricche di spunti di riflessione per l’oggi, per il mondo attuale, attraversato da nuove e più tragiche esperienze. Un mondo dove ignoranza e paura possono aprire le porte al dolore umano. Un libro da leggere e su cui meditare.