Patrizia Politelli, Di notte si vede ancora di più

23-05-2010
In viaggio tra Kinshasa e Kenge, di Marina Pivetta

Mentre mi stavo mettendo al tavolo per scrivere alcune riflessioni sul libro di Patrizia Politelli Di notte si vede ancora di più , mi chiama mia nipote per dirmi se in agosto vado a Dakar perché lei si va a sposare lì con il suo compagno, un senegalese che lavora da anni in Italia.

E’ felice, emozionata. Ciò che l’affascina è conoscere un mondo diverso ma velato ancora da troppi pregiudizi che la intimoriscono, questi pregiudizi le fanno un po’ paura, ma è felice. La rassicuro dicendo che le coppie miste felici sono molte di più di quelle che non lo sono ma che vengono raccontate dai media. Sì, perché giornali e televisioni, purtroppo mettono in evidenza soltanto ciò che é negativo.
Nella lunga conversazione telefonica mi viene in aiuto proprio il libro di Patrizia Politelli sul mal d’Africa che ti afferra e ti lega per sempre ma anche sull’importanza di decolonizzare l’immaginario. Pagine che parlano dei tanti incontri avuti durante un viaggio in Congo ma soprattutto di come lei li ha vissuti. Importante è non vedere solo gli altri come diversi, ma percepire anche se stessi come tali rispetto agli altri/e. Insomma spiazzare il centro, farlo deflagrare in una poliedrica eccentricità.
Nel viaggio tra Kinshasa e Kenge il mezzo - scrive l’autrice - procedeva a fatica su una improbabile strada… Patrizia e Paolo osservavano tutto ciò che li circondava: paesaggio, mezzo di trasporto, persone, notavano colori, odori, suoni…incrociavano sguardi ed è proprio in quel momento che si sono accorti di non far parte di quel tutto ma di essere altro. Si sono resi conto di essere stati catturati dalla curiosità altrui. Una curiosità che però non li aveva marginalizzati ma li aveva messi, con discrezione, al centro della loro attenzione. Solo una bimba di tre anni ha avuto un sussulto di terrore e ha fatto un salto indietro. Patrizia così si è accorta che per qualcuno poteva essere anche un mostro. Si allontanò allora rapidamente.
Se in quella occasione Patrizia Politelli sceglie una dislocazione logistica, in altre sceglierà quella mentale. Con storie di incontri e relazioni ci fa capire quanto sia importante abbandonare un nostro punto di vista euro-centrico o genetico-centrico, come direbbe Rosi Braidotti, lasciandosi andare ad un ascolto e ad uno sguardo curioso per captare ciò che è centrale per altri o altre ma, in quel momento, non per noi. Un concetto che l’autrice non teorizza ma ce lo fa capire raccontandoci di un altro incontro
"…Una presenza talmente discreta da risultare invisibile. Eppure era la nostra sentinella: l’addetto alla nostra sicurezza …incuriosita da quell’uomo così particolare gli chiedo il suo nome. Mi sembrava strano che tutti lo chiamassero ’papa sentinella’ , quasi a spersonalizzarlo, quasi non avesse valore. Augustin, mi dice..." Patrizia è contenta perché lo può chiamare come nessuno fa, riconoscendolo come individuo, mostrandogli la sua attenzione. Poi scopre che chiamarsi papa è un titolo d’onore perché lì non avere figli è segno di minorità e anche sentinella è il riconoscimento di un ruolo importante.
Nominandolo Augustin -scrive Patrizia- gli avevo tolto, d’un colpo solo, tutti i suoi ruoli, tutti i suoi vanti, tutti i suoi riconoscimenti sociali ed umani, tutto il suo senso. Una volta fatto questa necessaria autocritica ci si può permettere poi, senza infingimenti, di comunicare ciò che pensiamo anche se sgradito all’altro/a senza dover ricorrere ad atteggiamenti buonisti e rassicuranti ma di superficie per non sentirsi addosso comportamenti xenofobi.
Patrizia Politelli riflette anche sulle forme del comunicare: lo si può fare con uno sguardo, un abbraccio, una carezza… ma, a volte non basta, servono le parole. I messaggi che trasmettiamo con il corpo a volte potrebbero essere percepiti in modo distorto. Serve l’informazione verbale e quella scritta. Così Patrizia per imparare qualche parola di Kikongo partecipa a delle lezione di alfabetizzazione con altre donne che attraverso l’apprendere del leggere e dello scrivere cercavano un loro riscatto e qualche possibilità di lavoro.
Il viaggio di ritorno non è meno faticoso, ma è un viaggio verso casa! Con pensieri che trovano spazio ad intermittenza , fra una buca e l’altra di quella strada che, nel frattempo, non è cambiata. Stessi problemi, identiche paure ma cambia la prospettiva, Innanzitutto quella del paesaggio. Ora Patrizia Politelli vede quello che aveva alla spalle, la parte mancante…
Ora la strada da Kinshasa a Kenge è di nuovo in costruzione, metà la stanno facendo i francesi, metà i cinesi. A chi gioverà?