Parole che affrescano la memoria di carta sulle donne del Congo, di Paolo Serreri
Dopo Elena: laddove la parola manca, focalizzato sulla figura di Elena di Troia; e dopo Accade che impariamo, nato da un’attività di aggiornamento per insegnanti, Patrizia Politelli, con questo Di notte si vede ancora di più propone una sorta di «diario» di una esperienza di formazione svolta a Kenge, uno sperduto villaggio del Congo, dove l’autrice si è recata per fare dei seminari di formazione per la Valorizzazione delle donne e la decolonizzazione dell’immaginazione. Il libro però non tratta direttamente questi temi,ma affronta la condizione delle donne indigene (vedove, divorziate, o abbandonate dai loro uomini), delle macerie materiali e umane della guerra, dei cinquant’anni che forse ci vorranno per bonificare il territorio dalle mine antiuomo, della violenza dei militari sbandati. Ed ancora: del lavoro, delle speranze e dei sogni di questa comunità in cui gli uomini hanno in mano il destino delle donne nonostante essi siano evanescenti e/o assenti. Anche quando sono fisicamente presenti. L’autrice propone, dunque, una riflessione sulla percezione della differenza. Non quella degli altri rispetto a noi occidentali, che ci poniamo come norma. Ma quello degli «altri» rispetto agli occidentali. Come accade all’autrice, bianca in una comunità di soli neri: «sono circondata da curiosità e da ragazzini che mi fanno domande e mi gridano dietro: Mundele. Bianca (…). E c’è anche un delizioso sfottò verso questo scolorimento di pelle che, certo, deve mancare di qualche cosa». Il libro propone, va da sé, una lettura dell’immaginario di queste donne congolesi, spesso ancora deformato dalla colonizzazione; delle loro speranze, della forza con cui si caricano sulle spalle l’intera economia del villaggio ed delle scorciatoie individuali per sottrarsi al destino che il sistema normativo della cultura locale assegna loro (farsi suore, fuggire in Europa per fare qualsiasi lavoro, sposare un bianco). Alla fine della lettura resta un quadro dove l’essenziale è ciò che si «vede ancora di più» di notte, come suggerisce l’ossimoro del titolo. Ovvero, come direbbe Il piccolo principe, ciò che è invisibile agli occhi. Ciò che si deposita negli strati profondi del nostro essere. L’essenziale di cui parla il libro è quello che è rimasto impresso nella «carta» della memoria dell’autrice. Un libro, quindi, di meditazioni e, per certi versi, di insegnamenti, senza volerlo ostentatamente essere.