La scrittura anarchica di Cipriano, di Francesca Festa
E’ tornato nella terra dei santi e dei lupi. E’ tornato in una fredda sera invernale a raccontare il viaggio più difficile, quello della propria vita vissuta nei primi vent’anni in Irpinia, la terra d’origine che non sembra poi così cambiata da quando l’ha lasciata. E’ tornato Piero Cipriano (nativo di Guardia dei Lombardi) giovedì sera a Nusco per presentare il suo romanzo Film anarchico e impopolare (Manni editore), una bella e dinamica storia, parzialmente autobiografica, di uno stravagante regista di corti, Pietro Cacciafumo, alle prese, nel momento in cui decide di girare nei luoghi della giovinezza, con dolorosi flashback del passato e amare prese di coscienza.
E’ straordinario come l’autore, al suo esordio narrativo, abbia saputo così abilmente racchiudere in sole centodieci pagine scritte con impeto rabbioso, gli elementi, gli stereotipi di una terra, l’Irpinia ancora una volta descritta in letteratura come il paese dei morti, dei vivi cadaveri o peggio ancora una sorta di zona dolente e di perduta gente. E’ un concentrato di energia il romanzo di Cipriano, intriso di quella acredine che un irpino in fuga conosce molto bene. Parlo del furore con cui ricorda questa terra chi è andato via per un motivo o per un altro e nel periodo di distacco (si fa per dire) riesce a costruire uno sguardo dall’alto carico di realismo e di obiettività. Perché nonostante la lontananza si fa presto a dire ciao, l’Irpinia d’altronde è come un male, che ti porti dentro e che non guarisce mai. E’ una malattia autoimmune, per usare un linguaggio caro a Cipriano, medico psichiatra prima che scrittore, che non trova neanche nella fuga la sua risoluzione.
Lo diceva lo stesso Joyce che nel lontano 1914 scrisse “Dubliners” e un ultimo racconto si intitolava proprio “I morti”, una denuncia aperta contro i mali di una città, Dublino paralizzata dalla politica e dalla religione. Cipriano si riallaccia alla poetica dello scrittore irlandese mettendo a nudo vizi, ipocrisie e false credenze di un popolo addormentato che stenta a riscattarsi, oppresso come è dalla debole spiritualità e dalla congenita paura.
Non poteva presentarlo in maniera migliore il suo libro Cipriano, che si è abilmente cimentato in un’istrionica recitazione di alcuni, coinvolgenti e dissacranti brani del suo romanzo, interpretati anche dal bravo Michele Astrella e dai talentuosi componenti della band nuscana “I Setzionati” (Giulio Capone, Francesco Prudente, Enrico Passaro, Salvatore Setzu). Si presta molto bene alla lettura scenica il romanzo che in effetti come ha spiegato lo stesso autore in una serie di slides (l’etiopatogenesi ha scritto lui) è nato inizialmente come idea di corto trasformatasi poi in libro dettato dall’esigenza quasi terapeutica di una scrittura che serve “per respirare meglio e prevenire così i miei attacchi d’asma”.
Non è pessimistico il romanzo di Cipriano, anzi dotato di quel sano verismo che gli fa incidere in prima pagina un lapidario “Nessun dogma” che seppur di impronta anarcoide rimanda per assonanza a un beneaugurante per l’Irpinia “Nessun dorma” di pucciniana memoria, come dire tra le righe: Svegliatevi, è l’ora della riscossa dopo anni di sterile quiescenza. Convince questo “Film anarchico e impopolare”, lo ha evidenziato anche Paolo Speranza direttore di Quaderni di CinemaSud , che è stato un po’ il talent- scout di Cipriano: “Mi ha subito colpito questo scritto a metà tra cinema e letteratura, perché si pone come l’alternativa senza schemi e senza regole, dedicata con piglio trasgressivo ed ironico, ad una terra che sta andando alla deriva, che rischia di perdersi e di perdere i suoi talenti migliori. E’ un libro che da tanto aspettavamo di leggere”.
Giovanni Marino, responsabile dell’Archivio storico della Cgil (che ha promosso la fortunata iniziativa insieme con l’Associazione Amici di Vincenzo e Quaderni di CinemaSud), ha ricordato commosso un’altra voce anarchica, quella di Vincenzo Mongelli, poeta nuscano scomparso tragicamente un anno fa e si è soffermato sul dietro le quinte della presentazione: “Il libro di Cipriano è l’ennesima riconferma della vitalità della gente irpina. Si tratta di un romanzo pungente ed intelligente che con una scrittura scattante e incalzante ci offre un quadro assolutamente originale dell’Irpinia in linea con quello descritto dal paesologo Franco Arminio o dal poeta Antonio Gizzo, perché anche nei piccoli centri, non lo dimentichiamo, si respira un’aria culturalmente nutriente. E’ un peccato veder andar via queste opportunità, nella nostra terra ci sono delle voci sorprendenti, non tarpiamo loro le ali, non permettiamo che si perdano nell’etere straniero o si estinguano come i più rari esemplari di arte e di storia”.
Un’atmosfera genuina all’interno della sala consiliare di Nusco, da cornice le affascinanti tele del maestro Felice Storti e con tanta bella gente che ha sentito forte il richiamo culturale della propria terra.