Se il primo dei tre racconti, in una prosa serrata e nitida, mette in scena l’ardimento e l’incantamento del bambino dinanzi a un alveare in libertà, gli altri due evocano il Salento di un tempo, povero e frugale, e tuttavia ricco di energia dialogica e narrante, un’energia che era la vera temperie di crescita interiore per i bambini, pur in mezzo a sopravvivenze magiche e devozionali. In questi riusciti affondi di memoria si vede bene come la pluralità delle lingue e delle tradizioni, propri della Grecìa salentina, siano una ricchezza da preservare. Quel Salento che già Manni aveva narrato sospingendolo verso l’intreccio con l’amara contemporaneità in un suo precedente libro, qui appare nel suo repertorio da antropologia della vita quotidiana, potremmo dire. Leggendo, sentivo riaffiorare voci e figure della mia infanzia salentina. Che cosa di meglio si può chiedere a uno scritto se non di agitare la nostra fantasia e la nostra memoria, e fare da battistrada su un sentiero dove possano apparire le funamboliche e bizzarre figure di un tempo che più non ci appartiene ma che ha lasciato i suoi solchi nel nostro stesso pensare?
Piero Manni, Il prete grasso
Se il primo dei tre racconti, in una prosa serrata e nitida, mette in scena l’ardimento e l’incantamento del bambino dinanzi a un alveare in libertà, gli altri due evocano il Salento di un tempo, povero e frugale, e tuttavia ricco di energia dialogica e narrante, un’energia che era la vera temperie di crescita interiore per i bambini, pur in mezzo a sopravvivenze magiche e devozionali. In questi riusciti affondi di memoria si vede bene come la pluralità delle lingue e delle tradizioni, propri della Grecìa salentina, siano una ricchezza da preservare. Quel Salento che già Manni aveva narrato sospingendolo verso l’intreccio con l’amara contemporaneità in un suo precedente libro, qui appare nel suo repertorio da antropologia della vita quotidiana, potremmo dire. Leggendo, sentivo riaffiorare voci e figure della mia infanzia salentina. Che cosa di meglio si può chiedere a uno scritto se non di agitare la nostra fantasia e la nostra memoria, e fare da battistrada su un sentiero dove possano apparire le funamboliche e bizzarre figure di un tempo che più non ci appartiene ma che ha lasciato i suoi solchi nel nostro stesso pensare?