Se rinasce un libro morto, di Paolo Mauri
Qualche giorno fa sulla "Stampa" Guido Ceronetti ha dedicato la “lanterna rossa” (una delle sue rubriche) ai libri morti. Che sono milioni. Forse ormai miliardi, visto il ritmo con cui si producono e subito si dimenticano. Ceronetti racconta di aver preso in mano un vecchio bestseller: Nessuno torna indietro della De Cespedes e di averlo presto richiuso. Stile inesistente, il verdetto. A suo tempo, il romanzo è del '38, piacque. Zafon, uno scrittore spagnolo che sta avendo parecchio successo (è tradotto da Mondadori) nell'Ombra del vento parla anche lui dei libri morti. Sottile inquietudine: si possono salvare i libri morti? Naturalmente no. Solo alcuni - pochissimi - sopravvivono nel tempo e, particolare non trascurabile, solo per alcuni sono vivi. Ma capita, per esempio, che frugando nell'immenso serbatoio dei cessati si riemerga con una preda niente male.
Carlo A. Madrignani ripubblica presso Manni La filosofessa italiana, un romanzone che rimonta al 1753 e che si deve a Pietro Chiari. Una fascetta editoriale avverte che si tratta del primo romanzo italiano, anche se nel Seicento una voga romanzesca, oggi assolutamente inservibile, c'era stata. Comunque è certamente un romanzo moderno, un feuilleton che dispiace ai critici e piacque al pubblico. E lo credo: a leggerlo sembra di guardare la Rivombrosa televisiva. Amori, travestimenti, fughe, conventi... e in più uno scenario europeo, come si conveniva a quel secolo più che ad altri. Una bella macchina narrativa che qualche sceneggiatore di oggi potrebbe ancora usare come miniera di effetti speciali. La filosofia adombrata nel titolo è puro maquillage. L'autore, che guerreggiò con Goldoni a colpi di commedie è un ex gesuita che di romanzi ne scrisse molti. La filosofessa manca dai branchi delle librerie da quasi due secoli: Madrignani ne racconta le vicende editoriali e la sfortuna critica. Le mobili tende della letteratura contemplano rovesciamenti d'ottica, talvolta epocali.