La voce del "popolo di formiche", di Alessandra Guareschi
“Un popolo di formiche” tinge di rosso il Novecento raccontato da Pietro Mita. Il Consigliere regionale originario di Ceglie Messapica, da quarant’anni “uomo di sinistra”, traccia una lunga storia di “cafoni” meridionali (briganti, contadini, tabacchine, operai, studenti), che va ben oltre il secolo appena trascorso. Una ricostruzione paziente, minuta, parte dal basso per ritrarre la Puglia di quelli “che non vanno in Paradiso”, regione in cui l’antifascismo non fu “una petizione etica, ma si alimentò delle condizioni di vita miserevoli”.
I tragici fatti del secolo Ventesimo, che insanguinarono paesi come Francavilla Fontana, Andria, Ruvo e Gioia del Colle, stemperano la “leggerezza del nuovo millennio”. I saccheggi e le uccisioni dei braccianti non sono tanto diversi dal tentativo, strenuamente contrastato, di impiantare una centrale nucleare nella zona tra Carovigno e Avetrana: è una delle vicende con cui Mita rende omaggio a donne e uomini comuni, solo sfiorando i nomi “che contano”. Nel 1981 la Giunta Regionale stabilì che in Puglia poteva sorgere una centrale nucleare, senza considerare la reazione di quello che divenne il Comitato Popolare Antinucleare. Il “popolo di formiche”, come Tommaso Fiore volle definire gli abitanti di Avetrana, non si fece convincere dalle lezioni tenute in piazza da abili esperti che promuovevano le virtù del nucleare. Tacciati di arretratezza insieme al vescovo Armando Franco, i cittadini ebbero la forza di respingere ogni tentativo delle autorità di iniziare i lavori per la centrale.
Per Taranto il Novecento iniziò scioperando; nella città, in balìa delle esigenze di politica estera dello Stato italiano, da non molto era sorto l’Arsenale. Socialisti prima e comunisti poi si fecero portavoce di una classe operaia che fronteggiò l’avanzata del fascismo, trovando la forza, dopo il Ventennio, di rialzarsi con il “Premio Taranto”. Emergono due figure che Mita ritrae sullo sfondo di un cielo sempre più scuro e velenoso: Tommaso Fiore, il grande meridionalista originario di Altamura, letterato e amico dei “cafoni”, che denunciò i mali del Sud italiano; e Pietro Alò, impegnato “a volantinare davanti ai cancelli”, poi senatore. Nella città dell’Italsider, dove finirono a lavorare “i figli della scolarizzazione degli anni sessanta”, il telepredicatore Giancarlo Cito e la signora Di Bello, entrambi sindaci, sono i “due padroni”.
Colmo di riferimenti cinematografici e bibliografici, il Novecento rosso di Pietro Mita passa per le sommosse dell’Arneo, odorose di Negroamaro, di coloni, di sfruttamenti e di mosto insanguinato durante la vendemmia del 1957, dopo il crollo dei prezzi dell’uva. Mentre a Marcinelle andavano a morire gli emigranti speranzosi, le tabacchine, unite, manifestavano contro le condizioni penose in cui erano costrette a lavorare. Condizioni disumane come quelle dei contadini del Tavoliere, uniti nella Lega di Resistenza animata da Marco Pizzolo, il “compare del popolo”.
Ceglie, paese di briganti e di bigantesse, dopo la Secessione di Livorno del 1921 vide schierarsi i socialisti con il Partito Comunista. D’obbligo, allora, è nominare Francesco Ciccillo Ricci, esponente di spicco dell’antifascismo in Puglia, e Rocco Spina o il “Collettivo donne in lotta”. Nello studio d’artista di Uccio Biondi, autore dell’opera in copertina, nacque la rivista “viaporticella” con il contributo di intellettuali ed esponenti della sinistra cegliese. Figure simboliche e concrete nello stesso tempo, a Francavilla tutti ricordano il poeta anarchico Cesare Teofilato e lo “scalaro” Antonio Somma: le principali “roccaforti bracciantili”, come osserva l’autore, “fornirono i quadri provinciali alla CGIL, ai Socialisti e al Partito Comunista”.
Non manca un percorso articolato nel fiammeggiante Sessantotto pugliese, sulla scia delle parole di Guido Dorso: “la rivoluzione italiana sarà meridionale o non sarà”, tra il Capoluogo regionale e la Lecce di Rina Durante e Vittorio Pagano. Per ricomporre, alla fine, un pensiero lungo un libro, appassionato e consapevole, di un autore che ha contribuito in prima persona al colore “rosso” di un secolo.