"Diario del Sud" tra poesia e narrativa, di Giancarlo Pandini
“Origini”, “Liberal”, “La Repubblica”, “Avvenire”, “Il Giorno”, “Corriere della Sera”: sono questi i giornali e le riviste in cui sono apparsi i saggi di Raffaele Crovi, che ora l’editore Manni, con la cura prefativa di Vincenzo Guarracino, raccoglie sotto il titolo Diario del Sud.
Ma non solo. Altri fogli hanno ospitato gli scritti che Crovi è venuto componendo in tantissimi anni di dedizione alla letteratura, vuoi poesia o narrativa, ma anche di educazione critica a una cultura del gusto che non si ferma alla pagina ma va oltre, per cercare la vitalità dell’uomo nelle sue tante manifestazioni quotidiane. Un arco di tempo che va dal 1954 al 2004 e che forma – in questo volume – un itinerario quanto mai profondo nel visitare e nel far conoscere scrittori di una certa rilevanza che hanno dato ampia forma al meridione.
Scrittori che Crovi ha intervistato, o ha “narrato” in forma critica attraverso l’esplorazione radente del modo di vivere, del porsi di fronte alla cultura del sud, spesso travisata o mal compresa, perché vista dietro la lente dell’ideologia senza quel “sesto senso” di una umanità raccolta intorno alle opere e agli uomini.
Si danno appuntamento in queste pagine alcuni tra i più grandi poeti e scrittori del meridione d’Italia, in una corrispondenza e concordanza che è prima intesa di lavoro, poi di amicizia, e infine di comprensione delle modulazioni che presiedono al travaglio della scrittura e dello stile.
Crovi ha diviso questo suo Diario in diverse sezioni, accerchiando la visione di una letteratura che non fa distinzione tra poesia e narrativa, ma – mescolando i generi come in un’ideale coralità – ha accolto anche inediti, dichiarazioni a caldo di scrittori che erano sul punto più alto della loro riconoscenza da parte del folto pubblico o stavano per entrare nel vivo di una problematica culturale del momento. Ecco dunque i migliori scrittori come Silone e Pomilio, i narratori irretiti in una ricerca di fede e ragione, come Ulivi o Panunzio, Gallinari o Cassieri, Sinisgalli o Carlo Levi.
Là dove Crovi mette un accento che dà tono a un discorso tra letteratura e meridione, ma sempre nel dibattito che esce da una cultura settoriale, per diventare cultura dell’Italia e con riferimento anche al lavoro estero e agli esperimenti che sono degli altri Paesi ma che si sono amplificati nell’Italia, tra gli anni Cinquanta e il Duemila.
Un particolare riguardo è da mettere nel leggere le pagine che Crovi dedica ad autori “minori”, non per importanza ma per conoscenza verso il pubblico, come Mario Fortunato, Antonio Altomonte, Sebastiano Addamo, Melo Freni o Cosimo Fornaro. Ognuno appuntato con una sua particolare umanità, nel sentimento di una cultura che fa perno sulla memoria o su esperienze vitali, profonde, singolari.
Certo si sente, rileggendo questo volume, che Crovi è alla ricerca di un nesso che leghi questi grandi autori con la cultura degli anni tenuti in considerazione, vale a dire quel legame profondo che va oltre le esperienze personali, ma si ricollega a quelle di un’Europa attiva nel proporre un uomo nuovo e moderno.
E qui ci soccorrono i medaglioni che Crovi presenta di Consolo, d’Arrigo, Sciascia, Bufalino e Prisco.
Narratori che sono entrati di diritto nella storia italiana, e che hanno marcato il territorio meridionale con una forte impronta di civiltà prima che di cultura. Come dice molto bene Guarracino nella Prefazione: «Convinto assertore dell’artigianato letterario, come a più riprese si proclama., Crovi guarda al libro come a uno strumento di progettualità linguistica, etica e politica, che non può non tenere presente il pubblico, la “collettività” a cui si rivolge, con lo scrittore disposto a farsene vittorianamente “testimone e interprete”».
Il volume di Crovi diventa così un’antologia indispensabile per rivisitare con occhi nuovi e più moderni, una cultura che è stata prima di tutto esplorazione di una sensibilità dell’uomo nuovo, ma anche una specie di animata esperienza di uomini che hanno testimoniato miti, memorie, poetiche e suggestioni di un’Italia viva e fermentante.