Una tenace volontà di testimonianza diretta e di racconto antropologico, di Angelo Mundula
S’intitola Diario del Sud questo nuovo libro miscellaneo dove Raffaele Crovi raccoglie recensioni, saggi, note di viaggio, interviste ma soprattutto un’infinità di nomi (di narratori, poeti, saggisti, ma anche di luoghi, religiosi e non, di cibi, di persone e quant’altro può disegnare, in un diario, l’avventura conoscitiva di un romanziere, poeta e saggista di forte impegno civile e cristiano quale Crovi si è subito autorevolmente proposto).
Il diario nasce e si scrive sotto una duplice convinzione; la prima è che gli scrittori del Meridione si possono dividere in due fondamentali categorie: scrittori meridionali, solo in quanto semplicemente nati nel Meridione, e scrittori meridionalisti che hanno fatto e continuano a fare del luogo di appartenenza un uso “programmaticamente culturale”, avendo, come ben scrive Vincenzo Guarracino nella sua intelligente prefazione “i piedi ben saldi nella loro storia e la testa e il cuore nelle loro utopie” che è poi come dire scrittori capaci di far lievitare nella pagina le ragioni di crescita umana, civile e religiosa, di riscossa morale, di impegno e di utopia, di scoperta e di curiosità intellettuale, di analisi e responsabilità storiche che hanno segnato e segnano il cammino dell’uomo nato nel Meridione d’Italia.
La seconda convinzione sottesa a questo Diario del Sud e peraltro inscindibile dalla prima è che “in fondo, il nostro Paese, e dico per fortuna, non ha una unità culturale. L’Italia è una nazione in cui si sono espresse tante culture provinciali, documentate dalla straordinaria vitalità delle lingue dialettali, che hanno generato letterature e forme di antropologia diverse”. Questo libro si propone, appunto, attraverso le opere di documentare questa straordinaria ricchezza, con il puntiglio e l’acribia di chi sappia di assolvere insieme un impegno civile e cristiano, sempre nel solco della storia e delle trasformazioni in atto e in divenire.
Il lettore troverà, perciò, in queste pagine, un’infinità di narratori, soprattutto, di poeti e saggisti, ma anche un’infinità di luoghi, paesi e città, chiese, trattorie, tutti visitati con l’occhio di chi abbia voluto leggervi la loro storia, la loro origine (spesso contadina), la loro trasformazione. E tutto in quel quadro d’insieme in cui può trovarsi la prova che “la cultura è anche un’energia di promozione sociale”.
Piace leggere in queste pagine talvolta spiccatamente autobiografiche, in questo lungo viaggio di esplorazione e di conoscenza (spesso in compagnia della moglie Luisa, volentieri citata anche per i suoi giudizi sempre molto pertinenti e, talvolta, del figlio Alessio) questa tenace volontà di testimonianza diretta e di racconto antropologico “per vedere e ascoltare” ciò che c’è di nuovo, di diverso, di insolito, di speciale nel viaggio che si va facendo, negli incontri e nei luoghi che inaugurano una nuova conoscenza, constatando che “c’è un’energia / della natura e della storia / che difende la vita” e subito indovinando lo spirito di una città o di una regione con quella capacità di conoscenza e di intuizione che viene dalla poesia (e molte città e regioni si conoscono meglio leggendo queste poesie di Crovi limpidissime ed essenziali).
Dovremmo, a questo punto, nominare almeno qualcuno degli innumerevoli nomi di scrittori meridionalisti tanto cari all’Autore, alla sua affilata intelligenza critica. Ma nell’impossibilità di darne conto ci limiteremo soltanto a dire che Crovi privilegia gli scrittori che, anche per forza di scrittura, di capacità di progetto e di invenzione linguistici, hanno saputo dare una valenza universale al loro intento “saggistico” di contestazione, di “dialettica storica”, di documentazione lucida e lungimirante delle contraddizioni, lacerazioni e trasformazioni della realtà e società meridionali, ricordando che per il Nostro “La narrativa italiana della seconda metà dell’Ottocento e del Novecento (Manzoni, Nievo,Verga, Fogazzaro, De Roberto, Capuana, Pirandello, la Deledda, Tozzi, Silone, Alvaro, Jovine, Brancati, Pavese) è, in genere, una narrativa d’estrazione regionale”. Ma soprattutto una narrativa che ha saputo fare dei problemi delle classi subalterne i problemi di tutti gli uomini, presentando ogni uomo come artefice del proprio destino. Si capisce allora perché un Verga appaia a Crovi assai più grande di Fogazzaro.
Il lettore però ci consentirà, a questo punto, d’essere “parziali” (non alla maniera di Contini, ché non ne saremmo capaci) ma assecondando la nostra memoria e il nostro affetto, che del resto vediamo condivisi dall’illustre “diarista”. Ci pare giusto, innanzitutto, assegnare un posto di particolare risalto all’indimenticabile Mario Pomilio come espressione di quella “letteratura visitata dalla teologia” di cui Pomilio ha dato la sua più alta prova ne Il Quinto Evangelio che Crovi giustamente definisce “uno dei capolavori della narrativa europea del Novecento”.
Molto ci piace ritrovare qui -come atteso e sperato incontro di viaggio- Antonio Altomonte. Ci piace ritrovarlo perché Altomonte non si è mai stancato né fermato davanti all’enigma dell’uomo, al mistero che ne circonda la vita e la storia, interrogandosi a lungo sulla sua pagina ricca di molta umanità e di molta cultura.
E c’è Miscia, che molti di noi hanno conosciuto al tempo de "La Fiera Letteraria", che egli curava alla stregua di una delle sue creature più care. Le altre erano i libri, quei suoi romanzi in cui ha dato voce a “un Abruzzo contadino e ancora patriarcale”, come scrive evidenziandone “la dimensione grottesca e tragica”. E non mancano le sorprese. Alla luce della sua letteratura antropologica si capisce, per fare un esempio eclatante, perché nella sezione dedicata alla Sardegna, accanto ai grandi saggisti come Bandinu, Brigaglia, Pigliaru e altri, a narratori come la Deledda, particolarmente e giustamente privilegiata insieme con la Pitzorno in veste di biografa, Salvatore Satta, Dessì, Rombi, Solinas, Manuzzu e Atzeni, e a poeti come Sebastiano Satta, Efisio Cadoni, Franco Fresi, Nicola Lecca, compaia una Maria Carta poetessa non meno degna di attenzione della pur celebre cantante folk.
Insomma, un Diario del Sud che disegna con mano felice una mappa imprescindibile della letteratura meridionale e meridionalista (isole comprese) fornendo le coordinate di un viaggio, geografico e letterario, ove di tappa in tappa, trovano posto non solo l’uomo che scrive ma anche l’uomo che vive nel Meridione d’Italia, con le sue miserie e le sue sconfitte, ma anche con la sua fame di giustizia, con le sue speranze, i suoi sogni, i suoi progetti e le sue utopie.
01/10/2005 L'Indice
Matrice Sud, di Cosma Siani
Raffaele Crovi, emiliano di nascita e milanese di adozione, è meridionalista per esperienza e per opere. A convincersene, basta scorrere questo voluminoso Diario della sua frequentazione di fatti, persone e cose del Sud. Vi raccoglie materiali eterogenei apparsi dagli anni Cinquanta in poi, spaziando su una vastità di orizzonti. Abbiamo in prevalenza recensioni e schede di autori meridionali, e poi dense notazioni in forma di “risvolti”, e prefazioni di libri, impressioni personali condensate in poesie, e appositamente scritte per questo volume, appunti di viaggio e panoramiche letterarie per ciascuna regione. Un saggio iniziale apparso nel 1960 sul “Menabò”, Meridione e letteratura, dà il tono all’intera collezione (“la narrativa meridionalista difetta di ideologia, anche quando è programmaticamente ideologica”); e se oggi il taglio può apparire troppo esclusivo, nondimeno fornisce la misura dell’impegno meridionalista dell’autore.
20/10/2005 La Sicilia
Le culle della letteratura siciliana, di Tiberio Crivellaro
Curioso che un reggiano come Raffaele Crovi promuova significativamente la cultura letteraria del Sud. E in maniera puntuale lo testimoni nei confronti della Sicilia attraverso saggi e articoli, sin dal 1954, quando inizia un suo duraturo sodalizio con Elio Vittorini. Nel recente libro Diario del Sud (Manni editore, euro 15, con prefazione di Vincenzo Guarracino) che raccoglie saggi, note critiche, interviste e itinerari su libri e territori del mezzogiorno, Crovi, fra le altre regioni, esplora i luoghi che furono e sono la culla della letteratura siciliana. Un'apposita e nutrita sesta parte fra le sette che compongono il libro, illustra l'incontro fra tradizioni e cultura dell'ultimo cinquantennio. L'apertura del
sesto capitolo, affidata a un'intervista di Paola De Dominicis all'autore per conto del quotidiano "La Sicilia" redatto nel giugno del 1999, ben introduce l'itinerario attraverso i segni di una civiltà antica e moderna al tempo stesso, fatta di parole, colori, idee, sogni e utopie di una "riconsacrazione" della vita siciliana attraverso la scrittura che in definitiva è sempre poetica. Impossibile segnalare tutti i più di cinquanta autori di ieri e oggi citati da Crovi in questa variopinta antologia. Forte odore di Sicilia, insomma, come i versi pregnanti che chiudono l'esaustivo capitolo siciliano: "L'odore
dei gelsomini/ l'odore salso dei pini/ l'odore delle Zagare e degli oleandri/...gli odori speziati, orientali/delle notti d'Arabia./ L'odore di molti detriti, l'odore delle favole e dei miti/... Da odore più odore più odore/ odori di cavalieri, dame e draghi/ nasce e rinasce, ad ogni istante/ di quel che chiamiamo civiltà."