Renato Quaranta, Il bello della sinistra

11-05-2006

Nanni Moretti e il bello della sinistra, di Lucia Moro


Un diario, un racconto epistolare, un saggio: questo e il contrario di tutto questo è un libro che si snoda lungo il triennio 2001-2003 fra lettere e conversazioni telefoniche con Nanni Moretti, amici che assurgono al ruolo di personaggi, vicende personali, accadimenti politici, documenti originali.
La sua opera prima è un bel libro di sinistra, che sembra prendere forma dall’esigenza di raccontare l’odissea interiore ed ideologica che ha segnato le sue giornate in questi cinque anni di governo del centrodestra. È così?
«Sì, in effetti è così. Il libro nasce proprio da questa esigenza. A monte c’era un gran bisogno di raccontare degli stati d’animo, delle situazioni, delle corrispondenze del tutto personali, che però nascevano da accadimenti del tutto pubblici intercorsi dal maggio del 2001 fino alla fine del 2003. Negli anni ’70 si diceva: il pubblico è privato e viceversa. Mi faceva molto ridere quella frase, ma chissà che non contenesse qualche germoglio di verità. Ora non so se è proprio il caso di scomodare Omero per definire il mio libro, però in effetti ci sono aspetti riconducibili al suo poema: c’è il viaggio, c’è un certo travaglio interiore, ci sono degli eroi positivi e negativi… ma non andrei oltre».
Ma col ritorno del centrosinistra al potere non teme un appiattimento di quel fervore culturale mosso dalla necessità di manifestare il proprio dissenso verso la leadership di Berlusconi?
«Questo rischio c’è sempre. Ed è tanto più grande quanto più la cultura si rende “dipendente” dalla politica. A prescindere dal suo colore. Per questo in più parti del mio libro si ribadisce la necessità di rendere economicamente autonoma la cultura. Ed è sulla base di questo ragionamento che nasce il mio epistolario con Nanni Moretti».
Lei per primo, se la sinistra dovesse riuscire a governare per l’intero mandato, troverebbe ancora motivazioni sufficienti per scrivere un altro libro?
«Io mi auguro che Prodi governi –e governi bene– per l’intera legislatura. La posta in gioco è molto più alta che la mia opera seconda… Battuta a parte, le motivazioni per cui si scrive non sono mai politiche, ma sempre personali. Almeno per quanto mi riguarda».
La tesi che sta alla base del suo libro è quella che gli elettori di sinistra siano anche dei consumatori, “un mercato enorme” ai quali destinare un’offerta culturale che lei ritiene spesso insufficiente.
«La mia considerazione nasce da un concetto molto elementare. Se guardiamo alla sinistra come “offerta” e agli elettori di sinistra come “domanda”, scopriamo che negli ultimi 5 anni a fronte di una forte “domanda di sinistra”, soprattutto in campo culturale e di informazione televisiva, si è contrapposta “un’offerta di sinistra” nulla o quasi nulla. Nel libro questa cosa è spiegata molto chiaramente, spero. Ma io non parlo solo di offerta culturale o politica, parlo di consumo in senso più ampio».
In tante occasioni Moretti sembra pensare ed agire come lei avrebbe pensato ed agito. Ed il suo Caimano appare perfettamente in linea con le sue teorie, fino al messaggio politico contenuto nel finale del film.
«Che possano esserci identità di pensiero è normale, del resto è nato un intero movimento su certi temi, quindi si era in parecchi a pensarla –grosso modo– alla stessa maniera. Detto questo, il Caimano è un film molto bello».