Renzo Limone, Il segreto della miniatura

09-11-2010

Scenario internazionale per un thriller psicologico, di Antonio Errico

 


Probabilmente il thriller è il romanzo più difficile da scrivere. Richiede – pretende- una particolare abilità di progettazione della trama e dell’intreccio, uno studio accurato di collocazione dei personaggi nel tempo e nello spazio, una notevole capacità di governo dello sviluppo delle vicende, una sapiente modulazione delle tensione narrativa e della psicologia del lettore di questo genere in modo da poterlo coinvolgere emotivamente. Protagonisti, antagonisti, ribaltamenti di situazioni, svolte narrative, condizioni di climax, devono trovare una tale combinazione da consentire il funzionamento complessivo della macchina testuale. Se in un altro genere di romanzo c’è un elemento che non funziona, la cosa può anche rimanere circoscritta senza compromettere la struttura generale. Nel thriller invece è sufficiente che non funzioni anche solo un particolare, perché crolli l’intera impalcatura semantica. Tutto questo Renzo Limone certamente lo sapeva quando ha pensato e progettato Il segreto della miniatura, il romanzo pubblicato da Manni e che è, dichiaratamente, un thriller. Renzo Limone che con il nome di Oronzo è ordinario di letteratura latina medievale e che per sei anni è stato rettore dell’Università del Salento, sapeva che esordire con un romanzo del genere esponeva a considerevoli rischi. Ma se in un esordio non c’è rischio non c’è nemmeno gusto. Così si è confrontato con i rischi e ha pubblicato il romanzo. Un libro appartiene ai lettori per cui saranno i lettori a giudicarlo. Qui si vuole soltanto appuntare qualche rapida considerazione. Dunque: se Il segreto della miniatura è un thriller, certamente lo è in maniera soft: una sorta di thriller psicologico. Vale a dire che l’attenzione è rivolta più alla psicologia dei personaggi che alla trama o all’intreccio. Un lettore intuisce la psicologia di questi personaggi più o meno agevolmente, più o meno immediatamente. Perché l’autore fornisce generosamente gli elementi che consentono di decifrarne la fisionomia e le chiavi che permettono di interpretarne la funzione all’interno del meccanismo narrativo. Se questo sia un fatto positivo o negativo, forse può essere anche un aspetto secondario. Però comporta una riflessione sul genere. Per cui mentre si procede nella lettura accade di pensare che non sia proprio un thriller, neppure psicologico.
Mentre i personaggi appaiono e si rivelano, si scoprono – “si dicono” – matura il convincimento che questo sia un romanzo didattico: vuole insegnare qualcosa a qualcuno. In alcuni passi si piega all’introspezione; in altri si orienta verso il messaggio che tende a provocarne la riflessione. Gli elementi dell’azione appaiono come una condizione funzionale alla messa in scena della condizione interiore dei personaggi, ai loro stati d’animo, alle occasioni sentimentali, alla loro dimensione psicologica e morale. Infatti la narrazione è articolata non per snodi ma per flussi di evoluzione. Non sono gli avvenimenti esterni che connotano lo sviluppo delle storie ma le condizioni – e i condizionamenti – esistenziali, le associazioni consce e inconsce.
La storia che racconta Limone si allarga a ventaglio coerentemente con i processi di vita dei personaggi. I luoghi sono soltanto fondali di scena, quindi fissi e spesso poco marcati, strumentali ai movimenti dei personaggi e al loro evolversi soggettivo e intersoggettivo, alle loro relazioni. Nel romanzo c’è un alternarsi di tensione narrativa, che a tratti appare più forte, in altri più debole. A volte si ha l’impressione che si verifichi un conflitto tra le intenzioni narrative dell’autore e le direzioni che prendono i personaggi, che come tutti i personaggi di qualsiasi racconto vogliono avere – e giustamente – autonomia di pensiero e di azione, vogliono essere lasciati liberi di crearsi senza sentirsi sul collo il fiato del loro genitore. Invece Limone li costringe ad essere quello che lui ha programmato che debbano essere. Così loro si ribellano sfuggendo, qualche volta, al suo controllo.
Poi, come si sa, il primo romanzo conta fino a un certo punto. Le gioie o i dolori cominciano al secondo.