Rescigno-Lerro, Gli occhi sul tempo

01-02-2009
Il dolore dei due, di Elio Andriuoli
 
Due poeti e un unico titolo è la caratteristica di questo libro, Gli occhi sul tempo, che raccoglie testi di Gianni Rescigno e Menotti Lerro, un poeta già noto e uno quasi agli esordi, al quale il poeta più anziano dà così il suo avallo.
Da anni conosciamo la poesia di Rescigno, scaturente dalla vita e perciò intrisa di gioie di dolori, di ricordi e di speranze, di preghiere rivolte all’Eterno e di pietoso compianto per i suoi morti; legata all’avventura di stagioni e di giorni trascorsi al vivo contatto con la natura e addolciti dall’amore per la sua donna, che non cessa di cantare. Una poesia, la sua, altamente comunicativa, capace di cogliere, nonostante ogni avversità, l’aspetto luminoso del mondo, come può notarsi anche da questo libro, in testi quali Rientro, dove si possono leggere questi versi: “Oh, come cresce la vita nei miei occhi / in continua meraviglia per il gioco mai stanco / di sperare!”, o Giornate di sole, che così inizia: “Ancora una giornata di sole. / Godiamocela e non percuotermi / con rami di vento che fa ingresso / nella stagione dei pensieri; / non percuotermi col lenzuolo / spiegazzato d’una nuvola che fugge”.
Vero è che in Rescigno troviamo anche il dolore, come può constatarsi in Non passerai colline o in Un uomo solo: “sono un uomo solo, notturno uccello di pensiero, / ladro di chiarore lunare”; ma si tratta sempre di un dolore che non cade nella disperazione, perché trova al suo fondo, anche se combattuta, la luce di una Fede che lo sorregge: “Sei padre, / mio stupore d’uomo, / messo ai tuoi piedi, / di giorno in giorno in volo / tra gioia di credere / e dolore di negare Dio” (Non so per quanto tempo); “ Avvicinati a noi Signore / quando scarichiamo addosso / a inermi fratelli / i nostri fucili di rabbia” (Sconosciute inquietudini). C’è sempre inoltre in Rescigno il sentimento profondo di un legame che unisce i vivi a coloro che ci hanno preceduto sul mondo: “Di qui ci dicono le pietre / sono passate migliaia / e migliaia di anime” (Anime incompiute).
Notevoli sono inoltre in lui le presenze umane, sentire con calda simpatia, in poesie quali La ragazza dell’est, Zia Concetta, Manganello, Confiteor, ecc. Tra queste spiccano le figure dei suoi cari: Il primo giorno, Finché memoria, Sempre meno chiara la luce.
Mirante ad una maggiore essenzialità e meno ricca di immagini è invece la poesia di Menotti Lerro, che troviamo nella seconda parte del libro. Questo autore sembra infatti verso un genere di versificazione più sentenzioso e verso un eloquio maggiormente piano e immediato: “invecchiamo negli occhi della gente / o quando nell’aprire un armadio, / lo specchio ci sorprende”; “Nulla ci appartiene / se non i sogni”; “È durata troppo poco l’infanzia. / Una corsa sul prato, / un contare alla rovescia”; “È stato ieri il fruscio del tuo corpo tra gli oleandri distratti”; “Non esiste un uomo che abbia un solo volto, “/ una sola pelle”; ecc.
Anche Lerro sa rivolgersi, come Rescigno, con animo fraterno verso l’altrui sofferenza, come appare da poesie quali La storia di Alessia o quella dedicata a Luca, che inizia: “Mi unisce a te il dolore”. Rispetto a Rescigno però più cupa e priva di speranza sembra essere la sua concezione della vita: “Svaniranno in una fossa oscura i giorni / a cui appartiene la mia carne”; “La massa grigia / sbriciolata come le carcasse dei morti / è sparsa nel cuore della grande mela”; “Ogni giorno di più si assottigliano le ombre, / le gambe, le braccia, le scapole alate”.
Come bene osseva Bàrberi Squarotti nel suo intervento introduttivo, Itinerari d’esperienze, “la poesia di Lerro ripropone costantemente nella ricchezza delle variazioni … lo sparire tragico di tutto, e qualche frammento di memoria non fa che acuire ulteriormente il correre della stessa parola pronunciata verso la dissoluzione”.
Nell’ultima poesia della silloge tuttavia Lerro sembra trovare uno spiraglio di luce, che lo porta a confondersi con l’armonia universale. “Toccare avidamente ogni cosa / e sentirsene parte, / molecola / polvere / ombra”.
È nel riscoprirsi parte infima del Tutto, ma inserita nella sua ferrea logica, sembra dirci questo poeta, per l’uomo l’unica via di salvezza.