Tutta la forza di un narratore naturale, di Antonio Errico
In quello straordinario saggio sull’opera di Nicola Leskov, che si intitola Il narratore, contenuto in Angelus Novus, Walter Benjamin dice che “l’esperienza che passa di bocca in bocca è la fonte a cui hanno attinto tutti i narratori. E fra quelli che hanno messo per iscritto le loro storie, i più grandi sono proprio quelli la cui scrittura si distingue meno dalla voce degli infiniti narratori anonimi”.
Partendo da questa considerazione si può dire che Rocco Esposito, già magistrato di alto profilo, è un grande narratore. Perché la sua scrittura ha l’impronta, lo stile, il passo, l’affabulazione, la levità la persuasione che avevano i narratori – le narratrici – popolari sul limitare delle sere – quasi notti – d’estate, negli inverni attenuati dalla brace rinfocolata fino a quando il racconto non finiva e il cuore cominciava a sonnecchiare. La connotazione, il tratto peculiare, la cifra che contraddistingue i racconti del suo Il padrone dell’ombra è proprio l’andamento che riprende il passo della narrazione orale, della storia che serve a ludere e, forse, anche a salvarsi la vita, se qualcuno crede in questa forma di salvezza.
Esposito sa che per incantare chi ascolta (chi legge) occorre innanzitutto saper meravigliare: creare una condizione di tensione, di attesa, la percezione che la narrazione sia portatrice di un’esperienza che in qualche modo appartiene alla propria esistenza e diventa specchio su cui confrontarsi per riconoscersi, per ritrovarsi.
Rocco Esposito sa raccontare: trasmette l’esperienza di un sapere popolare profondo e infallibile, una coscienza del tempo e delle storie maturata sul costante, serrato, confronto con la condizione del reale ravvivata dalla dimensione del fantastico e con la sfera del fantastico elaborata sulla base degli elementi del reale; le differenze tra vero e verosimile sono difficilmente identificabili perché tutto quello che è narrato nel Padrone dell’ombra è sostanzialmente una costruzione d’autore fondata su una essenziale base antropologica.
Fatti, personaggi, circostanze, i luoghi, i tempi, le vicende rassomigliano straordinariamente a fatti e circostanze di cui abbiamo conoscenza o notizia, a personaggi che abbiamo incontrato o di cui è giunta la leggenda. Quindi appartengono a un tempo della storia, ad un Novecento che riconosciamo come territori in cui muoverci non solo per comprendere le ragioni del modo in cui siamo ma anche per trovare i racconti da dire a qualcuno oppure soltanto a noi stessi.
Con i suoi racconti Rocco Esposito ci restituisce l’universo di una memoria collettiva senza la quale saremmo tutti più poveri, tutti molto più tristi.