Romano Luperini, Insegnare la letteratura

17-12-2013

Alla quinta edizione, torna in libreria per i tipi di Manni Editori, in una nuova versione accresciuta, Insegnare la letteratura oggi di Romano Luperini. Il volume, che affronta la questione dell’insegnamento scolastico e della letteratura, appunto, è dedicato anche alla “questione” dell’eredità del Novecento e alla sua “trasmissione” didattica, attraverso una rivendicazione di centralità del testo. Contro ogni “bignamizzazione” della cultura.
   Paolo Melissi

Il problema non è quantitativo, ma qualitativo. Studiare il Novecento deve voler dire anzitutto acquisire la sensibilità e la cultura della contemporaneità e poter traguardare il passato attraverso il punto  di  vista  e  la  problematizzazione  intellettuale  del  presente.
Non si tratta solo di aggiungere degli autori, ma di studiare in modo diverso quelli del passato. Se il nostro Dante non è quello dell’età comunale e, tanto meno, di Bembo, non è più neppure quello di De Sanctis. Le interpretazioni del passato si sono depositate sulla sua opera determinando in buona misura l’ottica in cui la leggiamo. Bisogna ricostruire e decostruire questo processo; e sapere che leggere Dante in modo novecentesco può significare, per esempio, leggerlo attraverso Montale e T. S. Eliot; e così è possibile interpretare Marco Polo o Ariosto attraverso Calvino, Boccaccio attraverso Pasolini ecc. Studiare il Novecento vuol dire rivedere tutto il patrimonio letterario dalla prospettiva, dall’orizzonte di valori, dalle urgenze del presente, non per appiattirlo sulla contemporaneità o per porre in risalto solo le analogie, ma anche per poter apprezzare e  valutare  le  differenze.  Ricostruire  il  rapporto  passato-presente comporta  tanto  una  messa  a  punto  storico-filologica  del  primo quanto una piena assimilazione del secondo. Senza una conoscenza critica dei maggiori problemi storici, filosofici e letterari della contemporaneità, lo studio del passato rischia di risolversi sempre – e ancor più a scuola – in sterile accademia o in noiosa filologia.
Assimilare la cultura del Novecento concede dunque l’opportunità di metterla in campo in ogni occasione e non solo al momento finale di un percorso cronologico di storia letteraria. Anzi, il tracciato cumulativo e lineare può essere proficuamente interrotto, e magari talora sostituito, da uno volto a congiungere, attraverso tagli verticali, il passato e il presente per porli – diceva Benjamin – in reciproca combustione. Ciò non risolverà che in parte il problema del tempo. Se bisogna studiare  come  classici  Montale,  Ungaretti,  Saba,  Tozzi,  Gadda  e Calvino, occorrerà dedicare loro uno spazio specifico. Esso può essere trovato se anzitutto l’ultimo anno del triennio si aprirà subito dopo l’Unità d’Italia, con la Scapigliatura e Verga, come già è stato sperimentato nei Tecnici. In secondo luogo la storia della letteratura, dalle origini a oggi, non andrà studiata per accumulo lineare e progressivo di autori, bensì per problemi, per tendenze, per generi letterari, operando tagli e selezioni a seconda del programma che di anno in anno il professore può scegliere.
Non è più possibile, infatti, studiare la letteratura autore per autore dal Medioevo a oggi. Lo studente dovrà conoscere il quadro d’insieme e inserire in esso – attraverso percorsi per genere o per tema – gli autori che va leggendo. Ciò non comporta affatto la “bignamizzazione” della storia letteraria, come pure da varie parti si propone, ma, all’opposto, la sua problematizzazione critica. Giova di più conoscere i modi diversi e problematici con cui la cultura del Novecento ha considerato l’Illuminismo o figure come Machiavelli  o  Galilei  che  sapere  una  lista  di  nomi  e  di  date.  Il  Medioevo, l’Umanesimo, il Barocco, l’Illuminismo, il Romanticismo non sono affatto dei dati oggettivi, ma delle costruzioni storiografiche o, se si preferisce, delle interpretazioni critiche. Le date stesse assumono il loro valore solo all’interno di un contesto ermeneutico. Se io,
in Europa, dico “1789”, la data suscita una costellazione di immagini e di idee; ma non è detto che in Giappone o in India abbia lo stesso  effetto.  Il  Bignami  non  aiuta,  perché  la  formazione  d’oggi non ha bisogno di dati – ormai facilmente reperibili dovunque – ma di addestramento alla complessità, e cioè allo spirito critico e problematico. Conoscere il quadro d’insieme non significa avere unicamente dei punti di vista cronologici, ma padroneggiare nelle loro linee generali l’evoluzione dei generi letterari e dell’immaginario di un’epoca e il modo vario e difforme con cui essa è stata ed è tuttora vista e considerata. Quando questa conoscenza è assicurata e lo studente riesce a collocare al suo interno la lettura degli autori più importanti, la scuola ha già svolto il suo compito.