Rosalba Conserva, Casa Bàrnaba

25-02-2005

Il piccolo mondo perduto, di Oscar Iarussi

Un mondo perduto, o quasi, in un libro. Romanzo, memoriale, rivisitazione antropologica, trattato di cultura materiale: Casa Bàrnaba di Rosalba Conserva sfugge alla definizione di genere, coniugando più di un'istanza: letteraria, ma anche autobiografica, e microstorica nell'ottica della scuola annalistica di un microcosmo in cui le vicende alludono o rinviano a eventi generali, tessendo una trama epocale.
Così, un borgo immaginario sulla strada per Brindisi, Gròttola, e una famiglia "fluviale", i Bàrnaba, con moltissimi affluenti, diventano il pretesto per raccontare e il tramonto, rosseggiante di sentimenti, della civiltà contadina alla metà degli anni Cinquanta del Novecento, allorché la Macchina e i Palazzi  cominciarono a violarla.
Una civiltà che l'autrice considera, appunto, a mo' di "testo" polifonico, complesso, con pagine ascose nel pieno sole della piana pugliese, ricco di tantissime voci che affiorano alla ribalta creando nel lettore, dapprincipio, quasi una vertigine, un disorientamento. Un patriarca, sua moglie, sei figli, una pletora di nipoti, e parenti, amici, domestici, storie... Chi è chi? Certo, a "guidarci" ci sono due ragazzini, Irene e Giulio, che a Casa Bàrnaba trascorrono lunghe vacanze estive, ospiti dei nonni. Il loro sguardo stupefatto è il nostro, li adottiamo, mentre un'utile appendice descrive i legami familiari e il profilo di ciascun personaggio. Ma il ricorso a tale "aiuto" diventa via via meno frequente addentrandosi nella narrazione, che avvolge con la sua "musica" rendendo superfluo, o secondario, individuarne le singole note.
In Casa Bàrnaba la scrittura è una forma della memoria che riscatta l'incapacità di ricordare propria degli appartenenti a quella famiglia, è una sintassi esistenziale, è una struttura per connettere tutti gli organismi viventi con l'ambiente che li iscrive, secondo l'invito "verso un'ecologia della mente" del grande antropologo e psichiatra Gregory Bateson, di cui la Conserva è un'apprezzata esegeta. [...]
L'autrice cuistodisce quel mondo, ne preserva il tempo senza farsi imprigionare dalla nostalgia, e ne rinverdisce l'energia espressiva con uno stile limpido. E, naturalmente, non sfugge al presagio che la battezzò: Conserva.