Rosalba Conserva, Casa Bàrnaba

24-02-2005

In "Casa Bàrnaba" l'esordio narrativo di Rosalba Conserva, di Enzo Mansueto

Ogni romanzo, come adesso i siti internet, cela da qualche parte tra le proprie pieghe la mappa di se stesso, l'albero, la struttura generatrice. Sfogliamo questo libro, lentamente, con l'andamento che il libro stesso - evocatore di un tempo insieme storico e sospeso - ci impone. Un tempo anteriore rispetto a più funeste frenesie di industrializzazione, eppure già è portatore, in certi caratteri, di quelle frenesie. Il luogo: Grottola, da qualche parte nell'entroterra murgiano brindisino(ma, in realtà, da qualche parte nella memoria e nell'immaginazione). Il tempo: gli anni '50, appena prima la furia edilizia speculatrice, la modernizzazione, la standardizzazione dei consumi e dei costumi. Al centro di tutto ciò, una casa di campagna. La casa del titolo, appunto. Già a pagina 24 scopriamo allora quel principio regolatore, quell'impronta mitica, mitopoietica, della quale la narrazione tutta è informata: "La forma delle case, la forma dei pensieri, la forma dell'infanzia e quindi la forma dei passi che uno metterà per il resto della vita. Dove le finestre si aprono, quali le stanze dove è stato accolto, quali gli sono state vietate. E chi ha vissuto in una sola stanza cosa guardava, di cosa parlava, dove se l'è ricavato il posto per pensare? La forma di una vita viene dalla forma della sua infanzia, e la forma dell'infanzia è la forma della casa che poi la racconta". Sintassi zoppa, ma concetto eloquente. Il romanzo in questione è l'esordio letterario di Rosalba Conserva. Esordio tardivo, come spesso accade quando è la memoria dei luoghi ad accendere l'ispirazione. [...] Attraverso le tante, a volte prevedibili, azioni o immagini dell'idillio pugliese, ma attraverso soprattutto la tradizione orale che campeggia nel cortile, e qui ripresa nei racconti di Adele e degli altri testimoni\protagonisti ("La verità dei fatti è a casa Bàrnaba la caccia solitaria che può durare tutta quanta una vita; bisognava ricucire mezze frasi, penetrare il mistero di occhiate che dicono e non dicono, collegare il silenzio di un nome al silenzio che seguiva lo scandire dell'altro nome") noi lettori siamo gettati nel sogno di quel mondo. Un mondo destinato a svanire, a stingersi con l'avanzare della speculazione: "Con l'inizio dei lavori per la costruzione della nuova fabbrica la polvere di cemento si portò i toni svariati del verde: l'alloro, il fico, persino l'àccio prese il grigio opaco dell'ulivo e delle foglie del carciofo quando la stagione dei carciofi è passata". Il tema è quello del'idillio perduto, con una sfumata denuncia di una malintesa e affaristica modernizzazione. Affresco memoriale d'ambiente, che si alimenta di un repertorio di oggetti, situazioni, mestieri e nomi perduti, al limite dell'oleografico, che nell'insieme restituisce il sapore ricercato, svanito, riesumato.