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Prima l'operazione Desert Storm, "una guerra in formato videogame": poi l'intervento in Kosovo, presentato come "guerra umanitaria", che ha beneficiato di un consenso ampio e trasversale; poi la guerra in Afghanistan, che ha diffusio nozioni propagandistiche come l' "asse del male" e gli "stati canaglia"; infine Iraqi freedom, con l'esordio del giornalismo embedded. La guerra dei media non è meno importante di quella combattuta sul fronte. Questo saggio di "semiotica della guerra" non è forse, come vorrebbe Alessandro Dal Lago nella prefazione, una ricerca del tutto neutra e spassionata, ma - soprattutto nella parte più originale, quella dedicata al Kosovo - presenta molte analisi interessanti.