Salvatore Leopizzi, Don Tonino Bello. Croce e fisarmonica

05-03-2009
L'identikit di don Tonino, di Angelo Sconosciuto
 
 
Quando il lettore viene accolto dall'interrogativo se don Tonino Bello fosse «proprio come un uomo normale» e la risposta é: «Sì. Don Tonino era proprio come dovrebbe essere di norma ogni uomo». Quando si giustifica questa risposta affermando: «Il suo identikit lo si può ritrovare nelle Beatitudini evangeliche: umile e coraggioso, giusto e mite, accogliente e conviviale, fedele e libero. Uomo povero di potere perchè ricco di amore», ecco spiegata la ragione per la quale non stacchi di leggere, fino all'ultima pagina il libro di don Salvatore Leopizzi, «Don Tonino Bello. Croce e fisarmonica. Normalità di un uomo straordinario», edito da Manni (pp. 102, euro 11), che gode della presentazione di mons. Luigi Bettazzi, l'eredità del quale, proprio don Tonino Bello raccolse, nel guidare Pax Christi.
«È bello che si legga non solo quanto don Tonino ha scritto – ha affermato quel presule -, ma che si legga anche e che si ascolti quanto di lui dicono quelli che ne hanno conosciuto più da vicino la vita. Certo – prosegue -, uno di quelli che meglio hanno conosciuto monsignor Tonino Bello è don Salvatore Leopizzi, sacerdote di Gallipoli, parroco nella sua diocesi – prima a Sannicola e poi a Gallipoli – insegnante di filosofia nel liceo della sua città».
Ed in queste 102 pagine godibilissime sono raccolti ricordi e testimonianze, riflessioni di un confratello che ha cercato di guardare a don Tonino come uomo, come uomo di Dio, straordinario nella sua normalità.
Ma nel libro c'è di più. C'è il don Tonino inedito di «Pace, giustizia & salvaguardia del creato», conferenza che egli tenne a Racale, nel Leccese, il 2 gennaio 1990, commentando con i giovani il messaggio per la Giornata della pace consegnato da papa Wojtyla. Nulla si perde, in quelle pagine, del linguaggio colloquiale. C’è un brano, nel quale parla della sua, della nostra realtà, e riferisce di «marocchini e senegalesi che riempiono le nostre città. Penso che anche qui nel Sud profondissimo della nostra Italia - dice mons. Bello -, è un’invasione. (...) Io vorrei che venissero tempi per questa gente nei quali possano venire soltanto come turisti per vedere le bellezze d’Italia ma finchè verranno spinti dalla fame non abbiamo il diritto di sbatterli fuori se non sappiamo che una volta usciti dall’Italia andranno a finire in una situazione umana ed esistenziale migliore di quella che lasciano. Ma se sappiamo che vanno a finire male... Non avanzate però ragionamenti del tipo che ci sono tanti disoccupati da noi... A che vale dunque studiare il catechismo? Il mistero della santissima Trinità, Gesù Cristo lo ha rivelato non per le nostre elucubrazioni accademiche ma perchè fosse vissuto sulla terra. In cielo, Padre, Figlio e Spirito sono una comunità di persone uguali e distinte, non ammassate per cui uno vale l’altro. Comprendete che se noi non rispettiamo la persona, il marocchino, non lo rispettiamo come uomo ma come una larva, come una marionetta, stiamo andando contro Gesù Cristo».
Sono, anche queste parole, testimonianza di quali siano le coordinate della «chiesa del grembiule», comunità cristiana che sa chinarsi umilmente sui piedi degli uomini senza tralasciare di analizzare in profondità le cause delle nuove povertà. Le parole di don Salvatore e quelle di don Tonino si fondono: emerge l'accortezza dello scrittore e «l'elevata spiritualità che rese monsignor Bello così apprezzato durante la sua vita ed ora venerato dopo la sua morte».