Ugo Ronfani, Memoriale delle caverne

21-05-2006

Una risposta a Oriana Fallaci, di Beppe Del Colle

Ugo Ronfani, per chi lo conosce, è l’antiOriana Fallaci per eccellenza. Non ama la guerra, gli oltranzismi, gli scontri di civiltà. È un giornalista, ha lavorato alla «Gazzetta del Popolo» e poi al «Giorno», di cui è stato vicedirettore oltreché corrispondente da Parigi; ma è anche scrittore di vario interesse, commediografo e critico teatrale, romanziere e saggista, ha disputato sulla Fede pur dichiarandosi un agnostico, rifacendo per esempio la storia e le bucce al “tradimento dei laici” di Benda; e infine poeta, come dimostra nel volumetto appena pubblicato di Aragno, Canzoniere per la sposa perduta, in cui al modo montaliano di Xenia, ma con più straziante intensità amorosa, colloquia con la moglie morta un anno fa.
Ma con il suo ultimo romanzo, Memoriale delle caverne, pubblicato da Manni (pp. 148, euro 15), proprio alla bellicosa Fallaci sembra aver voluto rispondere, prendendola sul serio. Cioè immaginando che la guerra che la giornalista fiorentina annuncia da anni (sia pure senza volerla, sia ben chiaro) fra Occidente e Islam sia già avvenuta.
La storia, presentata dall’autore alla Fiera del libro, è insieme semplice e fantascientifica. Narra la vicenda di un bambino, Pietro Forster, figlio di un contrabbandiere, abitante in una vallata alpina italiana al confine con la Svizzera, che viene sorpreso dalla Seconda guerra mondiale mentre vive nella locanda della nonna, nel momento in cui più furioso è il conflitto fra i tedeschi occupanti e i fascisti loro alleati da una parte e i partigiani dall’altra.
Una bomba fa saltare l’unico ponte che unisce il villaggio montano e la pianura, la situazione si fa drammatica e la nonna porta Pietro e una sua cuginetta, Neda, sulla montagna, fra le caverne del Limidario. Gli lascia qualcosa da mangiare e da cambiarsi, e scompare, non la vedranno più.
I due bambini si abituano man mano alla solitudine delle rocce protettrici, imparano a vivere con quello che il bosco gli offre, Pietro si costruisce armi rudimentali con cui dà la caccia agli animali di cui lui e Neda possono cibarsi. In poche parole, diventano trogloditi, antidiluviani uomini delle caverne.
Passano settimane, mesi, anni. Pietro e Neda crescono, si fanno adulti, non concepiscono altra vita. I ricordi dei genitori e della nonna sfumano, fra loro nasce uno strano sentimento, che li spinge ad abbracciarsi in modo nuovo. Neda aspetta un bambino, ma quando questo nasce, la morte lo coglie subito, insieme alla madre. Pietro non capisce, si dispera, urla di dolore e di rabbia e fugge, lascia la caverna e supera il confine, lo accoglie un Paese totalmente diverso, la Svizzera.
E qui comincia una nuova vita. Superata la sorpresa per quell’essere strano, che conosce poche parole e non s nulla del tempo in cui si trova, studiosi e sociologi si appassionano a lui, seguono e osservano la sua “civilizzazione” come sintesi del percorso di milioni di anni dalla supposta scimmia primordiale all’homo sapiens.
Pietro sta al gioco, e lascia traccia della sua personale evoluzione in un “memoriale”. Che sarà poi ritrovato anni dopo in una parrocchia abbandonata e utilizzato da Ronfani inframmezzandolo alla sua prosa nel romanzo. Ma il mondo, nel frattempo, sarà cambiato. La terza guerra mondiale ci sarà stata, fra Occidente e Oriente, ma sarà stata vinta da quest’ultimo, passato dagli attentati di oggi al possesso dell’arma nucleare; e dopo reciproche stragi, sarà infine stabilita una pace universale non in base a ragioni umane, o ispirazioni religiose, ma ai dettami della nuova tecnologia fondata sull’uso spasmodico e generalizzato del computer, il Grande Ordinatore, fino a coinvolgervi “in rete” i cervello umano, e di una finanza globalizzata in cui non contano più né le Nazioni, né le etnie, né le fedi, ma il solo denaro.
Il tutto, grazie alla «volontà unanime di proseguire sulla strada della Cyber Società Consacrata nell’interesse della pace e della felicità di tutti gli uomini».
Ma quel punto Pietro Forster non ci sarà più, dimenticato come tutti gli esseri umani nati troppo presto, come noi, per le meraviglie del futuro.