Assaggio
Oh, non vuoi che dopo questa orazion picciola di non so quale parte di me guardo con una luce diversa il mancino di Manacor e godo persino quando strapazza per l’ennesima volta il cazzuto pallettaro Ferrer, da non confondere con Federer tanto amato da David Foster Wallace, lui sì, genio vero e assoluto, al pari del dio svizzero. E sullo slancio mi spingo a teorizzare la superiorità etica dello sport sulla letteratura, o almeno, su certa letteratura da strapazzo. E guardando il mio splendido televisore sopraffatto dai libri che salendo fino al soffitto tolgono aria e luce alla stanza, arrivo a una conclusione a cui mai pensavo un giorno di dover arrivare: far piazza pulita di tutti i miei libri.
Wow! Provo un moto d’entusiasmo inusuale in uno che si sta per suicidare, ma a pensarci bene c’è veramente poco da entusiasmarsi: quello che voglio è mettere al rogo chi è arrivato dove io mai: a pubblicare. Insomma, voglio stupidamente vendicarmi. Ecco, messa così la faccenda, m’ammoscio subito. Mi ritrovo imparentato coi nazisti, grandi cultori dei falò di libri – e va bene che sono celiniano, ma fino a un certo punto, solo stilisticamente diciamo. A me le camicie brune, dalla prima all’ultima, baffetto compreso, mi sono sempre state sui coglioni, l’incontrassi per strada farei come Mirko quando parla dei cattivi dei cartoni: «Li sbudello». E quindi devo cercare qualche altra ragione per fare un po’ di pulizia nella stanza… Ecco, ho trovato: sfoltisco questa foresta di libri, compro un divano-letto decente al posto di questa poltrona sfondata dove ho finito di disarticolare le mie ossa artritiche, sostituisco la mia vecchia scrivania piena di tarli con una più piccola e plastificata di Ikea, e giacché ci sono compro qualche altra cosetta – qualche mensola, qualche cesto per i giocattoli, qualche lenzuolo e coperta che finora siamo andati avanti con un mio vecchio sacco a pelo, eccetera – e faccio di questo buco una bella stanzetta per Mirko. Ottimo, se non fosse che questa casa, non appena vado al creatore, deve essere venduta per permettere alla mamma di spaparanzarsi nella sua senescenza a tempo indeterminato nei giardini di Villa Ingravescente aetate. Anzi, se quel porco e parco – spilorcio – di Quirino il vicino avesse la Wi Fi accesa a quest’ora avrei già scritto all’avvocato con la preghiera di non rubarmi più del necessario ora che sarò cadavere e mia madre una vecchia orfana di figlio, alla mercé di tutti i ladri.
E allora?
Passeggio per la stanza, cioè, faccio 2 passi 2 che di più non è possibile con i libri che incombono dappertutto e al quarto tentativo di passeggio – 8 passi in tutto, numero magico se ce n’è uno – arrivo alla conclusione più logica e naturale: sì, a Mirko lascio in eredità i miei libri – ma mica tutti, no, povero! Una biblioteca ragionata diciamo, i libri della mia vita, quelli veri e importanti, quelli amati sul serio, non posso correre il rischio di intossicarlo con robaccia più dannosa del veleno, il ragazzo. Sì, è una cazzata che bisogna leggere per leggere, non importa cosa: questo lo dice la pubblicità progresso pagata coi soldi di noi poveri contribuenti tartassati anche per fare gli interessi della cricca degli editori che pubblicano le schifezze più immonde pur di raggranellare quattrini. Eh, no signori miei, davanti a certi autori è meglio fare altro, qualsiasi cosa, anche solo una semplice e sana sega – giù la maschera, sull’argomento ho l’autorità per avere voce in capitolo – piuttosto che inzaccherarsi di merda. E non è come pensate voi, la storiella della volpe e l’uva, dove naturalmente la volpe sarei io e l’uva i libri: queste cose le scriverei anche se la mia opera omnia fosse pubblicata nei Meridiani di Mondadori. Non mi credete? Peggio per voi, vuol dire che non avete capito un’acca del sottoscritto, care le mie malelingue. E comunque non è il caso di accapigliarsi adesso per questioni che appartengono al mondo – da declinare per me ormai al passato. Io sto per raggiungere una condizione dove certi pettegolezzi non mi fanno più né caldo né freddo, finalmente approdo a una realtà seria, molto seria, oh, mamma mia quanto seria: già mi vengono i brividi.