Voci poetiche di Liguria, che cosa le lega alla Puglia, di Sergio D'Amaro
Sarà per caso che un editore pugliese come Manni pubblica poetiche Voci di Liguria? Empatia o altro, il lettore medio sa di una certa parentela climatica e vegetale tra le due regioni: soprattutto ulivi e agrumi, per via di una mitezza inusitata che fa della Liguria una terra pienamente mediterranea. Segni naturali, dunque, destini territoriali che ritornano prepotentemente a parlare di identità, di radici ben piantate in uno spazio riconoscibile, di paesaggi ancestrali trasformati e purtroppo deformati dalle vicende urbanistiche, dagli impianti industriali e da tutto ciò che costituisce sinteticamente il Moderno.
Voci di Liguria curato da Roberto Bertoni e Roberto Bugliani, non è e non vuol essere un’altra ennesima antologia: vuole piuttosto tracciare linee esemplative, consapevoli percorsi di poetica e sintomatici rapporti sismografici con sé delocalizzati nel reticolo eccentrico del mondo globalizzato. Inutile, forse, cercare negli autori liguri qui convocati – Cagnone, Caserza, Calotto, Conte, Ferrari, Frisa, Macciò, Morasso, Salvaneschi, Tonelli – sicure ascendenze di Sbarbaro, Montale o Caproni, difficile trovare riferimenti diretti ad una spazialità riconoscibile, a coordinate o a frontiere che rimandano alla tipica aridezza e secchezza di un arco di terra stretto sul mare.
Il varco non è più in una via di fuga percorribile, anche se appare tracciata tra i muretti a secco di un’esistenza con i suoi taglienti “cocci aguzzi di bottiglia”.
Le strade della poesia, per chi è nato dopo il ’45 ed ha vissuto il lungo dopoguerra da ragazzo o da bambino partecipando agli anni del baby boom e del benessere conclamato, è una strada senza più molti ulivi o limoni. Dove sta più, si chiede Bugliani, l’ulivo di Giovanni Boine? Non c’è più la Liguria (ma si potrebbe dire l’Italia), che conoscevamo.
C’è chi resiste con la parodia o la satira, chi con l’allegoria o col mito, c’è, complessivamente, chi cura ancora l’orto della vita innaffiandolo di immaginosi interscambi, di produttivi cortocircuiti. La poesia è dialogo e racconto, meraviglia della varietà del mondo, rivelazione e arricchimento della realtà.
Queste voci di Liguria suonano ognuna il proprio tasto di concertazione e, pur nella loro fatale glocalizzazione (questa specie di rimorso della modernità) giocano ancora a farsi e rifarsi una liquida identità.