E lasciatelo divertire, Walter Pedullà, di Giuseppe Camerino
Per decenni Water Pedullà è stato critico letterario de “L’Avanti!”, prima e dopo il suo approdo all’insegnamento universitario, in cui egli porterà tutta la carica e la «forma mentis»del critico militante, sempre fedele alle idee libertarie, socialiste e illuministiche. Maturato attraverso notevoli esperienze culturali e istituzionali (da ricordare il periodo della presidenza della Rai), ha voluto confezionare un libro, E lasciatemi divertire! Divagazioni su Palazzeschi e altra attualità, capace di saldare i volti del suo essere intellettuale poliedrico: il volto del critico militante con quello del narratore, il volto dell’opinionista e del polemista con quello dello storico del Novecento, il quale tratteggia la linea per lui più convincente degli autori più autentici del secolo, a cominciare dall’ammiratissimo Palazzeschi (è suo il verso «E lasciatemi divertire!», che dà il titolo al libro).
Il disegno ambizioso del volume va giudicato in modo generoso, non per indulgenza o malinteso senso di cortesia, ma per due motivi: 1) va pur sottolineato che molte pagine sono scritte all’insegna del divertissement intelligente e pungente, non facilmente rinvenibile tra i nostri letterati; 2) va pur apprezzato il coraggio nell’affrontare un genere letterario ancora poco praticato: quello di riproporre la lettura di autori classici – e il modernissimo Palazzeschi lo è senz’altro – attraverso una loro attualizzazione nella realtà storica che viviamo.
È Palazzeschi infatti a guidare Pedullà, il quale a sua volta guida il lettore a una interpretazione più attuale e più penetrante (i due aggettivi non sono in questo caso in contraddizione) di tutti gli scritti del poeta e narratore toscano, le cui opere sono assunte come un sistema evolutosi coerentemente in tutte le sue fasi (si veda il primo capitolo, in cui il critico postilla uno per uno tutti i titoli palazzeschiani). Palazzeschi guida Pedullà soprattutto con la sua eccentrica invenzione dell’«Uomo di fumo»(il rinvio è al Codice di Perelà), il beffardo personaggio che – tra sberleffi e paradossi – vorrebbe far saltare capisaldi inveterati non solo della tradizione letteraria, ma dello stesso senso della logica e dei cosiddetti valori della cultura nazionale ed europea. Attraverso la metafora del bordello di Madame Lilì frequentato dall’«Uomo di fumo» si intravedono verità soffocate e neglette: come quella, per esempio, che solo gli scrittori che hanno toccato il fondo più basso dell’esperienza umana e letteraria sono poi capaci di risalire «alla superficie più giovani di prima,arzilli come mai e pronti ad affrontare il tempo e la storia».
«Sub specie Palazzeschi», Pedullà, tenta di tracciare una linea vincente del Novecento che comprende, per ricordare solo alcuni, Michelstaedter, Savinio, Campanile e, naturalmente, prima di loro, Svevo, Pirandello o Gadda. Sono gli scrittori che Pedullà chiama risorti e definisce «figli dell’Uomo di fumo»: gli scrittori che si oppongono alle mistificanti ideologie e ai mistificanti dogmi che vorrebbero imprigionare verità e libertà. Quelle ideologie e quei dogmi, anche teologici, secondo Pedullà. Che per il Perelà palazzeschiano è esclusiva dei soli pappagalli che abbondano nelle stanze del potere: i soli che conoscono i presunti grandi valori e le grandi parole che li contraddistinguono.
I «figli dell’Uomo di fumo» derivano da Palazzeschi una vera e propria vocazione di scrittore paradossale e comico (e Campanile sarebbe ancor più comico, se possibile, del Palazzeschi del Controdolore). Gadda volge, a sua volta, il comico in tragico e viene in qualche modo sempre tenuto in considerazione dagli scrittori sperimentali come Arbasino, Calvino, Malerba o Manganelli.
Molto più breve, rispetto alla prima, la parte seconda del libro lo scrittore palazzeschiano più trattato è… Pedullà stesso, il quale affronta, con scoppiettante umorismo, ma anche con sarcasmo, problemi e preoccupazioni attualissime della società italiana, dal lavoro alle pensioni, dagli immigrati ai temi e agli equivoci della solidarietà, dal degrado televisivo ai problemi politici e ai tanti cadaveri (come li chiama il critico) che non vogliono farsi seppellire, a cominciare dal massimalismo ed estremismo ideologico.