La poesia, dove si culla ancora l'utopia, di Flavia Pankiewicz
Poesia come luogo dove continuare a cullare l’utopia, come mezzo per riportare dai margini al centro gli umili, i diversi, i paria del mondo, come ricostruzione della realtà attraverso interventi sullo strumento linguistico e talvolta autentica invenzione di un linguaggio fantastico, spesso musicale e onomatopeico, in cui la parola viene utilizzata non solo per i suoi significati letterali e metaforici ma anche come fonema, puro suono, ritmo in grado di enfatizzare quegli stessi significati.
Queste le linee generali che si rintracciano in Verso l’at-tendere, raccolta di poesie di Walter Vergallo. L’opera, che raccoglie testi elaborati tra il 1985 e il ’97, è la seconda di una trilogia dell’autore che dovrebbe raccoglierne tutta la produzione poetica. La prima era Clown per micro-riso e una terza opera, di prossima pubblicazione, conterrà la produzione degli ultimi dieci anni. La poesia, infatti, è stata un elemento ineludibile nella vita di Vergallo, docente di Italiano e Latino presso un Liceo di Lecce e di metrica italiana presso l’Università degli Studi di Lecce ma soprattutto infaticabile animatore, da 15 anni, del Laboratorio di Poesia del Salento ed anche, per anni, direttore se “L’incantiere”, storica rivista leccese di poesia e critica.
Nella poetica degli umili, che sta tanto a cuore all’autore, anche la natura, osservata e vissuta nelle sue più piccole sfaccettature, viene vista come negletta, sfruttata dall’uomo (erano gli anni dello shock devastante di Chernobyl, degli scandali del vino al metanolo, delle lotte contro la centrale di Cerano) e così in Aliminando, «verbizzazione» che racconta di una visita nello splendido sito tra il mare e i laghi Alimini, ad immagini sfolgoranti –godere l’alfabeto / fittissimo dei verberi di sole / sul mare– si contrappone l’immagine tetra di cernobylati noi metanolati / ceranati congegni perfettibili, in un efficace stravolgimento di parole, consueto per l’autore e illustrato didatticamente in una nota conclusiva.
Ma il meglio di quest’opera di Vergallo, i versi in cui il salto temporale tra gli anni in cui sono stati scritti e l’oggi non si avverte è forse ne Laguerralapace: dal senza al sarà dal toccante finale: fare dei campi di battaglia / campi da gioco dove volano / aquiloni sogni speranze / i fili spinati mutare in corde / per i salti dei bimbi unietnici / le armi spallottolare / la pace cantare gridare / danzare nei ritmi tambureggianti / tam tam del cardiobattere / di mani che s’alzano ai cieli / tatuare una / colomba / sull’infinito / mondo tondo / del pancione d’una donna in attesa, / ab ovo del sarà / utopia; / lì dorme un nido che semina / amore.
Con quest’operazione Vergallo riporta al centro non solo gli emarginati ma anche il poeta, catalizzatore ed interprete dei drammi attuali ed eterni della società, soggetto capace di perpetuare l’utopia ma anche la speranza.