Le strade della collina

Le strade della collina

copertina
anno
2010
Collana
Categoria
pagine
136
isbn
978-88-6266-280-2
13,30 €
Titolo
Le strade della collina
Prezzo
14,00 €
ISBN
978-88-6266-280-2
In uno scenario in cui la collina viene progressivamente in primo piano dialogando con l’uomo, il racconto coinvolge la vita e la morte di un piccolo giardino popolato di esseri reali e fantastici.
Anche la vicenda umana del protagonista si conclude, dopo l’ultima corsa in bici alla ricerca del soprannaturale, in un’atmosfera onirica e dolcemente ironica, da fiaba allegorica.
 
 
Incipit

Canto I
Dove si narra l’arrivo di Luce sotto le apparenze di un animale domestico

È arrivato in casa quasi per caso, in seguito ad una chiacchierata durante una cena.
«Bianco?, stupendo! Non l’ho mai avuto…»
«Sì, è da una vecchia che li raccoglie. Abita nelle vecchie case dei ferrovieri.»
È così che siamo andati a cercarlo, tra un cantiere fangoso e binari morti, fra i bidoni dell’immondizia e case sbrecciate, con visi resi torvi dalla miseria, sguardi diffidenti o sfuggenti.
Ed era lì, chi sa da quanto tempo, con gli intestini pieni di vermi e le gambe semiatrofizzate. Ha il viso appuntito e le orecchie lunghe, rese ancora più evidenti dalla magrezza di tutto il corpo.
Gli occhi incredibilmente celesti sembrano di porcellana, e guardano impauriti e speranzosi diritti nel volto, poi si affievoliscono e si nascondono dietro le palpebre, che si chiudono abbassano sentendo la fatica dell’essere aperte.
Pur malridotto, emana qualcosa di regale, con tratti quasi di una antica figura egizia. Sta rischiando la vita; il dottore lo cura con iniezioni, cibo speciale americano, medicine per fermare i vermi che lo stanno corrodendo.
Scopriamo con angoscia che non reagisce ai rumori, ai colpi improvvisi che provochiamo volutamente per mettere alla prova il suo udito. Gridiamo, strepitiamo: niente, nessuna reazione. Come vivesse altrove, guarda da un’altra parte.
Il muso appuntito, i lunghissimi sottili baffi come antenne, le grandi orecchie come vele sopra un oceano senza suoni.
Sì, sicuramente è sordo. Completamente.
Ha attraversato forse lontananze di tempi e spazi, finendo in una discarica di un cantiere ferroviario.
Si è staccato da un antico mosaico, forse dalla tomba di qualche faraone. Noi, affascinati dal suo pelo bianco immacolato, decidiamo di chiamarlo Luce.
È malcerto sulle gambe, ma quando si siede si distende con le zampe anteriori allungate, il corpo diviene maestoso, la testa diritta acquistando improvvisa una maestà ignota, come di sfinge.
L’erba del giardino lo mette a disagio, ne diffida come si fa con un elemento sconosciuto, avendo vissuto sempre sulla terra fangosa prima e dentro una gabbia poi.
Quando corre è goffo, sembra che le gambe troppo lunghe e slanciate gli siano di impaccio. Fa dei grandi salti, ricorda in questo qualcosa del canguro e del cavallo; anzi, potrebbe essere un incrocio, con elementi umani, felini, e di altri mammiferi.
Anche il pelo è strano, ha una consistenza ed una struttura che ricorda quella del cane o del camoscio. Corre galoppando saltando per togliersi dall’erba e per raggiungere il più sicuro
pavimento rossastro.
Spesso perde l’equilibrio; se gli stai dietro, per guardarti non gira il corpo o lateralmente la testa; ma volgendoti la schiena inizia a rovesciare progressivamente il capo all’indietro fino ad incrociare il tuo sguardo, per poi perdere rovinosamente l’equilibrio fra le risate di tutti.
Il silenzio che lo circonda gli fa acuire forse altri sensi. A volte sembra tornargli l’udito, perché si volge verso un rumore; ma è un caso, o forse avverte altri tipi di vibrazioni. La testa si muove scatti improvvisi, come a ricercare i segnali sonori che non giungono attraverso le grandi orecchie biancorosa.
È passata più di una settimana dal suo arrivo, è sopravvissuto; non vi sono state complicazioni bronco-polmonari, che sarebbero state fatali.
Ha però una defecazione quasi mostruosa, vista la sua taglia minuta.
Merde enormi, quasi sempre diarroiche e puzzolenti; oppure semimolli e allungate a dismisura. Il fetore si sparge per tutta la casa, inarrestabile.
Parte dal sottotetto, dove dorme e dove lo rinchiudiamo in nostra assenza; attraversa le porte, scende giù nel salone e ristagna, spazzato via solo dall’apertura di tutte le porte-finestre e dalle correnti d’aria.
Saranno forse le medicine, saranno forse i vermi dell’apparato digerente, ancora vivi e che continuano a fare il loro lavoro.