L’Italia ai mondiali. Storie di calcio e di ordinaria follia, di Enzo Mansueto
«Le puttane berlinesi prevedevano il pienone. Dalle città limitrofe squadroni di troie arrivarono in treno, auto, calesse e addirittura a piedi. Sadiche, masochiste, dominatrici, schiave, grasse, tisiche, malate, in perfetta forma… di tutto, per tutti i gusti». La trivialità dell’immagine rimanderebbe ad una narrazione cannibalesca sui sottofondi delle metropoli europee. Ma non è così. Essa è tratta, infatti, dalle stravaganti annotazioni a margine di discorsi calcistici che lo scrittore tarantino Cosimo Argentina e lo storico dell’arte milanese Fiorenzo Baini, accomunati dall’amicizia e dalla professione dell’insegnamento, hanno prodotto in coppia e pubblicato nel volume Messi a 90. Le partite più raccapriccianti dell’Italia ai mondiali e altre storie di ordinaria follia calcistica, edito da Manni. L’antidillio berlinese, proposto da Argentina, rinvia alle cronache di colore relative all’ultimo mondiale, ancora fresco nella nostra memoria, coi suoi «pooo-popòpo-popò-po» e la testata di Zidane, ora che un nuovo mondiale è già dietro l’angolo. Ma di mondiali, in questo libro, se ne attraversano ben undici, dal 1966 al 2006, quelli compresi nell’esperienza diretta degli autori.
Edizione dopo edizione, i due, come trascrivendo una conversazione al bar, intrecciano memorie personali, fatti bizzarri e grotteschi, ombre e pieghe rimosse, con una prevalenza del tono distruttivo e smitizzante. Come quando, a proposito della celebratissima – oramai un vero e proprio tòpos narrativo – Italia-Germania 4-3, dal mondiale del Messico del 1970, Baini sentenzia: «è stata veramente la più bella delle brutte partite giocate dall’Italia al mondiale messicano e forse nella sua storia». Le curiosità si susseguono gustose, e interessano tanto l’appassionato di calcio, quanto il lettore comune, attento ai mutamenti antropologici e alla scrittura arguta.
L’alternanza di registri alleggerisce la lettura: più cronachistici, ancorati ai dati da almanacco, gli interventi di Baini, narrativi e divaganti, gli spezzoni di Argentina, per il quale i mondiali fanno da sfondo a microstorie dalle tinte forti e umoristiche. Come nei frammenti sul mondiale ’90 – quello italiano, di Totò Schillaci, il calciatore con «quegli occhi da pazzo che pare che qualcuno lo ha mandato sulla terra per segnare e far vincere i mondiali all’Italia» -, raccontato con lo sguardo di un ragazzino (figlio di un magnaccia divorziato che si arrabatta tra prostitute dell’est e filmini porno), steso davanti a un piccolo televisore, tra cuscini macchiati e intimo femminile: davanti alle prodezze, inutili, del «bonzo» Baggio, il ragazzino si interroga sull’educazione religiosa e i valori della famiglia, mentre di là il papà, con signorine semivestite, stappa bottiglie di spumante, e non certo per festeggiare le performance del codino nazionale…