La rete nuova arena della democrazia? Tutte fandonie, di Felice Blasi
La rapidità dei cambiamenti del mondo digitale induce anche i più attenti studiosi a modificare i loro giudizi nel giro di pochi anni. Se ne trova un esempio chiaro, ed intellettualmente onesto, nel libro di Carlo Formenti, Se questa è democrazia. Paradossi politico-culturali dell’era digitale, nel quale l’autore, docente di Teoria e tecnica dei nuovi media nell’Università del Salento, ha raccolto una sere di testi scritti negli ultimi cinque anni e dedicati al rapporto tra democrazia, trasformazioni sociali e nuove tecnologie. Se fino al 2002, nell’einaudiano Mercanti di futuro, Formenti dava una valutazione positiva delle soggettività espresse da Internet, che ampliavano gli spazi di libertà sociale mettendo in crisi la politica tradizionale e il ruolo delle élites, e sosteneva la possibilità di un’alleanza progressista tra lavoratori della conoscenza e del terziario con fette di imprenditoria new economy, in questi ultimi saggi il quadro si è fatto meno ottimistico. Si tratta di una svolta autocritica che Formenti ammette e che spiega con le evoluzioni neoconservatrici che stanno attraversando il mondo digitale.
È in corso un processo di colonizzazione commerciale del cyberspazio che, invece di creare più democrazia, dà vita a nuove gerarchie nella produzione e nel consumo culturale; allo stesso tempo, governi, imprese e varie agenzie pubbliche e private esercitano un più esteso controllo delle relazioni sociali mediate dalla rete, «in barba – scrive l’autore – alle fandonie sull’architettura intrinsecamente anarchica di Internet». Inoltre, quella crisi del politico, che alcuni anni fa poteva aprire nuove dimensioni alla partecipazione attiva, si è tradotta, anche a causa della natura individualistica della comunicazione sul web, in un totale assorbimento della sfera pubblica in quella privata. Molti fenomeni di personalizzazione politica trovano riconoscimento ed alimento su Internet, e ciò vale anche a sinistra, come i casi di Grillo e Di Pietro sembrano confermare. Formenti di recente ha notato che tra i politici pugliesi solo il sindaco di Bari, Michele Emiliano, è riuscito a raggiungere una grossa visibilità su Facebook.
L’alternativa che l’autore propone è di tornare a fare una paziente analisi sociale dei concreti rapporti umani, delle disuguaglianze, dei vari sfruttamenti che attraversano sia il mondo informatizzato che quello reale, senza mancare di riconoscere i nuovi modi di appartenenza comunitaria, lavorando su concetti e linguaggi che possano tradurre in progetti politici i tanti bisogni e gli interessi frustrati. Non dovrebbe andare perduta l’importanza da dare all’organizzazione del lavoro degli uomini, riformando le vecchie strutture e cercando forme nuove entro cui ricostruire rapporti umani spezzati: su questo punto, per quanto riguarda l’aspetto propriamente politico, «potrebbe essere il caso – conclude Formenti – di ripensare i concetti di egemonia e di partito, piuttosto che decretarne la morte».