"Il rumore del tempo" e i sentimenti, di Vito Lubelli
È in libreria la raccolta di poesie Il rumore del tempo di Carmela Fiore (Manni editori). L’autrice, nativa di Bari, vive e lavora a Otranto nel settore scolastico, dove è stata sia insegnante che direttrice. Si occupa anche di saggistica (è coautrice di Test delle abilità del calcolo aritmetico, Centro Studi Erickson, 1998) e prosa (Impronte, Manni 2001). Sempre per lo stesso editore ha pubblicato i versi Su carta di cielo nel 1998.
In questa seconda prova, definibile come un diario intimo e autobiografico, la scrittrice dà voce ad un aspetto essenziale del fare poesia: la rievocazione. Come registra Antonio Errico nella prefazione, “questa poesia è un attraversamento dell’esistenza”. E dunque, in un periodo storico in cui si rivendica la priorità e la centralità dell’impegno civile, del verso politico e partecipe della vita della società, le odi minime di Carmela Fiore si pongono in totale antitesi, aspirando ad essere tempo che si fa parola, immagine, celebrazione. È una poesia essenziale, spesso anaforica, in cui tutto il senso è sorretto dal primordiale stupore per l’esistenza: “Avevamo il profumo delle alghe/quelle notti sul molo deserto/passate a dare nomi alle stelle…”.
L’autrice sceglie deliberatamente una poesia niente affatto pretenziosa, estranea alle tensioni letterarie, e quindi intimistica, nostalgica, spesso ermetica quando prelude a immagini e ricordi dissepolti dai recessi del cuore. Con questa chiave di lettura, ovvero sfogliando questo libro come un album di fotografie, può essere letta l’opera poetica della Fiore: una poesia adatta per chiunque prediliga la “sfera del sentimento” e il continuo riferirsi alle stagioni passate, alle amicizie, alla meraviglia dell’infanzia, alle memorie scolastiche che, a torto, sovente si credono perdute.