Claudio Brancaleoni, Il giorno dell'impazienza

01-12-2011

Per Balestrini, di Laura Rorato

Come fa notare Franco Petroni sulla quarta di copertina, Il giorno dell’impazienza rappresenta la prima monografia su Nanni Balestrini. Sebbene Balestrini sia una delle voci più importanti del panorama letterario italiano del secondo Novecento non era mai stato affrontato in maniera organica dalla critica. Brancaleoni rimedia a questa lacuna con un saggio che traccia lo sviluppo intellettuale e politico di Balestrini dagli anni Cinquanta fino ad oggi.
Il giorno dell’impazienza è diviso in tre capitoli che seguono cronologicamente il percorso artistico dello scrittore segnandone i momenti più importanti: una prima fase strettamente legata all’esperienza della Neoavanguardia; una seconda fase che inizia con la pubblicazione di Vogliamo tutto nel 1971 – ormai diventato «una sorta di piccolo classico della narrativa italiana e sicuramente il testo più significativo della letteratura della contestazione» (p. 207) – e si conclude con Gli invisibili e L’editore dedicati rispettivamente al movimento del ’77 e alla figura di Giangiacomo Feltrinelli; infine, una terza fase che raggiunge il suo apice con la pubblicazione di Sandokan, storia di camorra (2004). Brancaleoni sottolinea «i nessi tra ideologia, scrittura, avanguardia e realismo » (p. 9) nell’opera di Balestrini attraverso alcune parole chiave quali linguaggio, epica e impegno.
Per Balestrini l’opera d’arte non è mai pura mimesis, ma operazione artificiale, razionale che ricostruisce a freddo le tensioni presenti all’interno della società, attraverso il linguaggio. Proprio per questo la scrittura non può essere mai considerata neutrale. La parola, come illustra Brancaleoni a proposito di Sandokan, diventa addirittura un’antitesi alla morte: «perciò si racconta: per resistere e per non morire» (p. 193). Perno centrale di Il giorno dell’impazienza è l’analisi della produzione “in prosa” (anche se, come fa notare il critico, i confini tra poesia e prosa in Balestrini sono piuttosto labili) e di Vogliamo tutto in particolare, del quale Brancaleoni offre non solo un’attenta lettura, ma anche una dettagliata panoramica della critica.
Brancaleoni ci ricorda come, sebbene oggi appartenga al canone letterario del Novecento, appena uscito Vogliamo tutto avesse causato un acceso dibattito. Non solo un piccolo, ma agguerrito, gruppo di critici (tra cui Enzo Siciliano) aveva stroncato il romanzo, più per antipatia nei confronti dell’autore che in seguito ad un’attenta esamina del testo, ma anche la critica di sinistra aveva finito per dare una valutazione sommaria dell’opera privilegiando l’aspetto politico-ideologico rispetto a quello letterario. Brancaleoni, invece, attenendosi nella sua analisi strettamente ai testi di Balestrini (sia narrativi che poetici), cercando un equilibrio tra aspetto formale e contenutistico, dà ai lettori un quadro approfondito e completo di uno tra i più originali autori del Novecento.
Il giorno dell’impazienza, inoltre, ha il merito ulteriore di mettere in luce come l’esperienza degli scrittori della Neoavanguardia sia stata molto più complessa e sfaccettata di un mero e sterile “esercizio linguistico”, come gran parte della critica si è ostinata a ripetere, sottolineando meritoriamente l’indissolubile filo che lega “agire poetico” e “agire politico”. Affermando la ricerca realistica (di un realismo epico e straniante) nell’opera di Balestrini, Brancaleoni evidenzia una delle tendenze più importanti della letteratura contemporanea della cosiddetta fine del postmoderno, cioè la ricerca di nuove forme di impegno non più basate sull’ideologia, ma sulla forza della parola. Il giorno dell’impazienza è senza dubbio un utile strumento critico non solo per chi voglia analizzare la figura di Balestrini, ma anche per chi desideri comprendere il contesto culturale italiano dagli anni Sessanta ad oggi.