Claudio Morandini, scrittore, di Roberto Sturm
Il protagonista (nipote del vecchio, appunto) odia, ricambiato, suo padre e prende il nonno come riferimento, anche perché ha saputo da una lettera di essere figlio suo. Gli inviti del nonno a fottere la gente e a imporre il proprio ruolo di padrone sono stati rivolti a lui proprio a causa dell’inettitudine del padre: comincia ad avere rapporti sessuali con le figlie delle donne che lavorano in casa (rapporti che poi si rivelano incestuosi essendo il nonno il vero padre della maggior parte di esse) sinché il delirio di onnipotenza lo porterà a conseguenze estreme.
Della linea maschile della famiglia, l’autore non cita mai i nomi di battesimo dei quattro uomini (nonno, padre, figlio – il protagonista - e ancora il figlio suo) che possono essere anche visti come parti di un unico personaggio: le diverse sfaccettature di una sola persona attraverso lo scorrere del tempo. Saverio, amico e alter ego del protagonista, è l’unico di cui si sappia il nome. I ruoli si sovrappongono continuamente, le parentele si trasformano in un succedersi di episodi che rendono fluida la narrazione e tengono alta l’attenzione del lettore. Realtà e sogno a volte si confondono nei meandri di una casa piena di luoghi bui e appartati, di sotterranei dove si consumano le aberrazioni più bieche.
Morandini mette molta carne al fuoco e, nonostante la vicenda sia punteggiata da incesti, omicidi, satanismo, licantropia, superstizione e il volto più atroce del capitalismo, l’autore non perde mai il timone, passando dal gotico al noir e ammiccando sempre a uno stile classico che risulta il perfetto sostegno a quello che è, senza dubbio, anche un romanzo di formazione.
E se una luce tenue si intravede a fine romanzo, questa è quella del figlio del protagonista che nonostante i tentativi del padre di portarlo sul terreno che lui e il bisnonno hanno frequentato, si rivelerà sia diverso da loro che dal nonno.
I dettagli, infatti, sono curati in maniera maniacale: Dvoinikov “si è fatto conoscere in Unione Sovietica come un nervoso distruttore di impalcature accademiche; si è presentato al mondo come uno scontroso antiborghese che, al pari di altre avanguardie di quegli anni, ma con risultati più convincenti e durevoli, ha denudato convenzioni, squinternato tradizioni, buttato all’aria istituzioni e maestri, scrivendo opere di un’offensiva modernità”. Ed è per questo che dopo la rivoluzione politica che Dvoinikov stesso propugnava, l’artista si è trovato prigioniero del proprio ruolo. Ma dissimulando la propria modernità e riuscendo a tenere testa alla censura degli anni bui post-rivoluzionari, il compositore è riuscito a portare avanti le proprie opere. Scontroso, chiuso in se stesso e gelosissimo custode della propria vita affettiva, accetta la proposta di Prescott: un libro su di sé, perché nelle composizioni dell’americano ritrova tratti della sua idea di musica. E dal suo racconto viene fuori la storia della Russia del secolo scorso, e in qualche misura anche dell’Europa: la miseria e la carestia che opprimono il popolo e gli abusi che deve sopportare, la tragedia delle guerre, il fallimento della rivoluzione e il mancato riscatto della classe operaia, un potere che tende solo alla propria conservazione.
Ma Ethan Prescott, per portare a termine il suo progetto, mette a repentaglio anche la sua relazione con un musicista jazz, Carl, quindici anni più anziano di lui, che non vede di buon occhio i suoi viaggi a San Pietroburgo per parlare col vecchio musicista e lo incalza con telefonate a tutte le ore del giorno e della notte. Ethan è innamorato del suo compagno, ma il suo comportamento lo infastidisce e, forse anche per questo, crede di innamorarsi di Polina, la giovane assistente di Dnoikov che traduce le loro conversazioni. L’epilogo narrativo non sarà banale.
In questa prova l’autore aostano si supera: la misura delle parole, il tratteggio dei personaggi, il ritmo, l’ambientazione, la rivisitazione storica e la sua cultura musicale fanno di Rapsodia su un solo tema un felice connubio tra il testo e uno stile originale che non si adatta mai alle esigenze del lettore ma obbliga, invece, all’esatto contrario: chi legge si deve adeguare allo stile di Morandini, e questo avviene in modo naturale e con assoluto piacere.
Il romanzo è popolato da una fauna variegata di umanità: Onorato Casamagna, che gira con la sua amata bambola gonfiabile che sembra prendere vita; Tullio Semenzani, ex detenuto in cerca di vedove benestanti da spennare; Nathan, un sacrestano che sposa in pieno la causa naturalista girovagando nudo per il suo paese; Franchino Spaventa, che l’amore per una donna porta a farsi biforcare la lingua (episodio che poi sarà l’innesco per altre mutazioni del corpo); Gabriele Angous, uno scrittore che va a morire in una clinica dove incontrerà Mario Duprez, un anziano con un passato da comico, e l’amore fatale (nel vero senso della parola); Ollsen, un uomo che non crede alla comunicazione. Ci sono inoltre tanti altri protagonisti, secondari solo come presenza ma fondamentali per la ricostruzione del puzzle, che sparigliano la trama. Una trama complicata che solo il mestiere di Morandini riesce a non fare cadere nel caos.
Nella seconda parte del romanzo, infatti, tutti i personaggi principali si ritrovano insieme per caso. Quel caso che, da sempre, governa le nostre vite: cominciano un viaggio, surreale e definitivo, senza ritorno, in un nulla dove il tempo sembrano curvarsi. Un nulla che è anche l’arrivo, definitivo, delle nostre esistenze. Personaggi che sembrano, spesso, come tanti di noi.