Elisabetta Luzzardi, Contrada Mocenigo

26-04-2008

Così una bambina divanta ragazza, di Claudio Baroni

La vecchia casa rossa in fondo a via Diaz, il cantiere della ristrutturazione intravisto tra una coda e l’altra del traffico intenso. E basta entrare nella stradina che porta alle impalcature e alla piccola gru perché nella mente e nel cuore della protagonista si apra lo spiraglio della memoria. Lungo e tortuoso è il cammino dalla fanciullezza all’adolescenza, altalena che mozza il fiato tra entusiasmi e sofferenze. Ricordi "spalmati" tra due poli: la casa rossa in città e Contrada Mocenigo, sui monti della Valsabbia, da dove scendevano i Luzzardi.
Erano arrivati a Brescia sospinti dalle rivalità di famiglia e accompagnati da una triste sorte che aveva reso la protagonista orfana quand’era ancora piccolissima. La mancanza del padre che si allunga come onnipresente ombra cupa.
La mamma che lavora nella rilegatoria de "La Scuola" editrice. La nonna che si prende cura di tutto. E le stagioni segnate dal pendolo:
d’estate la casa sui monti, d’inverno la borgata di periferia. L’infanzia è una nuvola d’azzurro. Come il cielo d’estate in Valsabbia, come l’innocenza dei bimbi. Nella maturità domina il grigio. Crescere significa varcare la linea che demarca l’azzurro dal grigio. E non è facile se sei una ragazzina orfana, lasciata ai margini dalle compagne e considerata dagli insegnanti irrimediabilmente "acerba".
Non resta che rifugiarsi nell’eden sognato dei monti, nei ritagli di libri che mamma porta a casa (da qui la precoce passione per la scrittura e il disegno), nei racconti talvolta enigmatici della nonna. Ma la vita urge, ti spinge fuori dal nido con il dolore degli strappi affettivi. Contrada Mocenigo man mano perde l’alone azzurro dell’innocenza immaginata e la città guadagna la concretezza della realtà da affrontare. Così si paga il pegno della crescita.
Non è un romanzo consolatorio quello di Elisabetta Luzzardi, che verrà presentato domani, domenica, al Sancarlino (appuntamento alle 17): ha la ruvidezza della montagna e non cela la subdola sopraffazione della città; entusiasmo e affetti sono intrecciati al dolore. È un romanzo da conquistare: bisogna adeguarsi al passo lento e riflessivo dell’autrice, ma una volta trovata l’intesa, il cammino è ricco di suggestioni. È un romanzo di formazione, nel quale buona parte di chi è nato prima della televisione potrà ritrovarsi. Racconti da passare di generazione in generazione.