Gli amari versi di Fernando Rausa
Terra mara e nicchiarica (terra amara e desolata) è il titolo del libro edito da Piero Manni con le più belle poesie dell’autore dialettale poggiardese Fernando Rausa, a trent’anni dalla sua scomparsa.
Il libro, curato da Paolo Rausa, figlio del poeta, propone 71 componimenti di un autore, definito da Donato Valli, che ne cura l’introduzione, «una voce fuori dal coro». Rausa, infatti, esce al di fuori dei due tronconi della poesia dialettale, quella popolare e quella dell’arte. Il poeta non intende far ridere il lettore o dare esempi di natura morale, né seguire i canoni tradizionali della poesia. Egli descrive Poggiardo, ovvero il sud, un «paese reale, semplice, sofferente per diseguaglianze e mancanza di prospettive di progresso». Un paese che, in ultima analisi, costringe all’emigrazione.
Ed ecco le considerazioni amare presenti in L’Italia e l’emicrante; i patimenti della vita in Né fiuri né coluri, fino a Statte bonu Pusciardu, verso d’amore per quella terra che mamma e tata me ’mparasti ’ddicu!.