Francesco Venditti, My sweet family

15-05-2005

Venditti jr: "Il mio libro nasce a Lecce", di Maria Ginevra Barone


Se il tuo nome è Francesco Venditti, se scrivi un libro e lo intitoli My sweet family, se questo libro ha tinte torbide, sinistre, violente e parla di un ragazzo difficile e del suo rapporto guasto e brutale con la famiglia, va da sé che ci si chieda quanto, in questa visione tetra, siano coinvolti papà Antonello, mamma Simona e il resto del clan “Venditti-Izzo-Tognazzi”.
Nel libro d’esordio di Francesco Venditti si descrive, tra le altre cose, la morte di una madre cieca e il pestaggio brutale, a suon di calci, di un padre fallito. È difficile resistere alla tentazione di chiedere all’autore quanto ci sia di autobiografico nel suo libro.
«Le forme di angoscia e di sofferenza –risponde lui– nascono sempre da esperienze vissute, anche se un romanzo è frutto d’invenzione. Eppure, sì, ora che il mio libro esiste, mi sento particolarmente esposto. Ma il protagonista è simile a me soltanto per la rabbia incontenibile di cui è capace: anch’io sono stato un “ribelle”. La mia adolescenza l’ho trascorsa in una costante ribellione, frequentando amici sbagliati e dedicandomi a droghe e ad atti teppistici».
È possibile identificare i genitori del protagonista con i suoi?
«Il padre vigliacco e frustrato è molto lontano dal mio. Ma è vicino a quello di molte persone che conosco e che avrebbero alzato volentieri le mani sul padre: per molti la violenza è un modo di conoscersi meglio. La madre del mio protagonista, invece, è una delle poche persone su cui lui non sfoga la sua rabbia e con cui, anzi, cerca di aprirsi. L’affetto enorme di mia madre nei miei confronti è stato a volte eccessivo, il suo senso di protezione esagerato: non mi ha permesso di sbagliare da solo e mi ha reso un po’ vulnerabile».
Com’è nata l’idea di questo romanzo?
«È nata sul set cinematografico di Gente come noi di Apolloni: lì incontrai un ragazzo che stava per andare via, che aveva tutte le valigie in una macchina, e il suo cane. Si accese una sigaretta e mi disse “Questa è l’ultima sigaretta che fumo a Roma perché questa non è più la mia città, non è più il mio mondo, la mia famiglia, i miei amici”, e se ne andò. E da quel giorno ho pensato di entrare nel background di questo ragazzo e ho cercato di raccontare la sua storia: quella di un giovane uomo che vuole conoscersi e vuole crescere fino in fondo».
Suo suocero, lo scrittore Raffaele La Capria, e l’ambiente che lo circonda quanto peso hanno avuto in quest’avventura?
«Sono stato spinto da un grande autore, sì, ma non farò il nome perché potrebbe rovinare la sua reputazione (ride, n.d.r.): ha letto delle mie cose e mi ha detto “Prova a scrivere”: io mi sono stampato la sua mail gigante davanti al mio computer e ho cominciato a scrivere».
Perché ha pubblicato il suo libro a Lecce?
«Quando vedi i risultati, è più bello arrivarci da una piccola realtà che da una grande: da una grande te lo aspetti, da quella piccola nasce più soddisfazione e soprattutto più autenticità».
Lei è noto come attore e oggi ha scritto un libro. Cosa si “vende” meglio: un film, uno spettacolo teatrale o un libro?
«In questo momento un film. Ma solo se è di un certo tipo: sono sempre meno i film un po’ più estremi, taglienti».
E perché sia estremo un libro, cosa occorre?
«Dev’essere personale».
La sua personalizzazione qual è?
«La rabbia, la violenza, la concretezza».


 



Francesco Venditti si propone per la prima volta come scrittore con un editore leccese, Manni. Anna Grazia D’Oria, moglie di Piero, racconta che il libro My sweet family è nato grazie ad una serie di circostanze: «Raffaele La Capria, che è fra i nostri autori e che è il suocero di Francesco, ci ha segnalato questo manoscritto a Roma, durante la Fiera dei Piccoli Editori lo scorso dicembre. Noi abbiamo accettato non perché l’autore è figlio di Antonello Venditti e Simona Izzo, ma perché ci fidiamo di un grande scrittore come La Capria. E in effetti non abbiamo sbagliato, perché quella del giovane Venditti è una scrittura particolare, fatta come flusso di coscienza. Speriamo che il libro s’imponga, al di là del personaggio». Dal canto suo Francesco Venditti, che è genero di La Capria, precisa che la sua non è sua storia autobiografica. Papà Antonello e mamma Simona non sono i genitori del romanzo. Francesco è molto soddisfatto: spiega che se un attore può considerare un film “suo fino a un certo punto”, un libro per uno scrittore è suo fino in fondo: «lo pensa, lo scrive, mette la prima lettera fino all’ultima, e questa è un’emozione enorme».