Giacomo Leronni, La polvere del bene

12-08-2009
La ricerca introspettiva, di Giuliano Ladolfi
 
Giacomo Leronni vive a Gioia del Colle ed insegna poesia all’Università della Terza Età e francese alla scuola media di Turi. Ha già pubblicato su varie riviste e Polvere del bene è la sua prima raccolta.
Il nostro è «tempo: d’insidie e di velleità / di preziosa estinzione», è tempo di urla, di insulti, di lotte, nonostante le continue professioni di pace. Il poeta lo sa, ma non si adegua alla massa dei vociferanti, «acco[glie] l’oltraggio / [s]’impunt[a] nell’aria violata / e poi ai [suoi] compagni / dispens[a] l’ombra». Le composizioni di Leronni sono sussurrate, sillabate a bassa voce: nessuna concessione alla retorica, nessuna tentazione espressionistica e sentimentale; la loro aderenza al reale deriva da un’esigenza etica, un’esigenza di ribellione contro la logorrea aggressiva: «Qui un libro, là un cestino / più oltre un vaso che trasuda pace». La sua parola trova la forza nella propria fragilità tanto da avvicinarsi al silenzio (Onore al silenzio è intitolata la seconda sezione). Il bene è polvere che si deposita insensibilmente. Ma il poeta non cede alla tentazione di tacere e il discorso si dipana chiaro nella ricerca introspettiva guidata dagli avvenimenti della vita. Assumono aspetto riflesso persone, luoghi, situazioni, gesti e speranze: «Lei non è qui / ma in fondo è vera: / col suo volto / inesorabilmente avanza la sera». L’esperienza del dolore entra d’impeto nella vita del poeta a rammentargli la necessità di infrangere le barriere interne: l’esistenza urge con tutte le sue contraddizioni e non concede sconti a nessuno: «E in fondo, lucido, spietato / quel nodo diligente, quel calore: / il giro controvento della giostra / la ruggine a valle del dolore»