Giancarlo Sissa, Il bambino perfetto

29-04-2008
Sissa, poesia per stare nella vita, di Nicola Vacca

Giancarlo Sissa, francesista e traduttore, ama la poesia come un modo di stare nella vita. Da questa considerazione nasce la sua ricerca che lo ha portato a scrivere Il mestiere dell’educatore e Manuale d’insonnia, due libri importanti apprezzati dalla critica. Libri che soprattutto fanno di lui uno dei poeti più originali e autentici della sua generazione.
A conferma della sua schietta e disincantata originalità il poeta, mantovano di nascita e bolognese di adozione, pubblica in questi giorni Il bambino perfetto (Manni editori, pagine 77, 11 euro). Sissa raccoglie la sua poetica in una serie di prose suggestive che scavano nel fondo della vita: una situazione d’attesa in cui il pensiero nasce dalla musica della parola.
Il poeta affida al pensare per frammenti il tempo del cuore. E sono numerosi gli indizi poetici che la sua interiorità squaderna sulla pagina, che diventa la casa sublime dove l’abitare le ferite dell’esistenza significa lottare contro il silenzio.
Sissa, da bravo poeta che sa stare a guardia dei fatti, inventa la lingua dell’ombra che sa spalancare gli abissi. Sull’orlo del precipizio il poeta mette a nudo il suo cuore e si sporca con la vita. In questo gesto estremo, che evoca il dolore e il disastro del tempo, sta l’originalità di Giancarlo Sissa che non si nasconde di fronte all’”improvvisa evidenza delle cose”. Egli attraversa il deserto del presente non avendo paura di confrontarsi con “il dolore millimetrato della lama”.  In questa sfida a viso aperto con la medusa nera del nulla il linguaggio della poesia è un dio che ci attraversa. Sissa nei suoi frammenti da fisicità e corporeità a questi attraversamenti esistenziali, ma innanzitutto sa rendere vero il terrore che quotidianamente siamo costretti a toccare con mano. "Siamo talpe senza senso,appestate dallo spavento. Scendiamo negli abissi del petto le labbra muovendo,scavando nuove mattine nei polsi,siamo la rogna che parla. Parliamo noi perché tu non puoi".
La parola morde l’anima del poeta che cammina sugli abissi della storia e non ha nessuna intenzione di tacere la sua indignazione davanti al tragico del nostro tempo con il suo umido labirinto di disgusti.