L'ultimo Tram di Giancarlo Tramutoli passa sempre per la poesia giocosa, di Lorenza Colicigno
Giancarlo Tramutoli: un flaianeur, come si definisce nel suo libro “L’ultimo Tram”, edito da Manni nell'Ottobre 2009. Un poeta che programmaticamente e nel concreto scintillio della sua scrittura, rigorosamente a risparmio energetico grazie all’utilizzo di fonti energetiche alternative, che lasciamo scoprire ai lettori (“Energie alternative”), denuda la poesia di ogni paludamento e tentazione di cupe profondità o di eterei vertici lirici. La poesia ha per Tramutoli due polarità: quella di Ungaretti e dei suoi accoliti, poesia ad alto consumo, anzi, meglio, ad alto spreco energetico (“Enel”) e sentimentale, e quella delle suggestioni giocose, che provengono da Vito Riviello, Toti Scialoja, Gianni Rodari, Totò, Carl Sandburg, Frank O’Hara, E.E. Cummings. Un’estetica visionaria e comica è per Tramutoli l’unica difesa possibile contro la poesia dei professori, prevedibile accademia. Cosa fare, dunque, per restituire vitalità alla poesia? “Sporcarla con il linguaggio quotidiano, - afferma Tramutoli - contaminarla con quello che ogni giorno vediamo, ascoltiamo, diciamo.”. “Senza una scintilla/di humour/sempre si oscilla/tra saccenza/e demenza.”: questa la filosofia poetica di Tramutoli, trae a volte ispirazione da quella finestra privilegiata sul mondo contemporaneo che è lo sportello bancario, aperto sulle miserie umane, miserie in senso stretto, dalla cui prospettiva il poeta scatta un’istantanea di profondo spessore antropologico: “In banca/ho scoperto/che è il fido/il miglior amico/dell’uomo.”. “Serve sempre più invenzione, gioco, feroce autoironia.” - afferma Tramutoli -; sicché, mentre non risparmia i miti contemporanei, reality (“Prender la vita di petto”), miss varie (“Mia cara Miss”), politici (“Ciuccio & presuntuoso”, “Luna & Marte”) e, in primis, il Premier (“Cloni & coglioni”, “Messaggio di fine anno”), non risparmia sé stesso, a partire dal suo nome, ridotto nel titolo ad un minimale "Tram": “Intossicazioni”, “Come e quando”, “Spiritual”, "Io & Gaetano", “Ebbene sì, mi contraddico” sono alcune delle poesie in cui il poeta si confessa e si misura con i suoi percorsi di poesia e di vita. Sì, perché il gioco linguistico, il calembour per Giancarlo Tramutoli hanno chiaramente un fine semaforico nel traffico della vita contemporanea: dispersi tra enoteca e pinacoteca, tra brache e barche, tra natura e letteratura, tra cabine elettorali e arnie, tra vacanza e casa, tra tam tam e tom tom, potremmo perderci, ma per fortuna il poeta non rinuncia a “scrivere”, e ci riconcilia con noi stessi, riscoprendosi e riscoprendoci nella meraviglia di “una domenica mattina” a “cucirsi un buco/nei neri guanti di lana/nell’aria frizzante/alla finestra/di fronte/a qualche fiocco di neve”. Straordinaria lirica, riscattata dal lirismo dal suo ritmo quotidiano.