Realtà e fantasia contro la solitudine, di Michele Trecca
«Perché non si può vivere con più leggerezza. Perché tutto deve essere possesso assoluto, gelosia, invidia, pensieri asfissianti…». Boh, però almeno quando scrive lui ci riesce, in altri momenti chissà (ne dubitiamo, visti i riferimenti autobiografici dei suoi lavori, compresi quelli del nuovo romanzo, Uno che conta). Giancarlo Tramutoli (nato a Potenza nel 1956) con le parole è un funambolo: volteggia con grazia pungente fra poesia (ludica, satirica, epigrammatica, fulminante) e prosa (romanzi «bonsai», minimalisti, quasi la somma di frammenti di diario), mescola realtà e fantasia e racconta la propria solitudine (di cassiere in banca con la mania dell’arte e della poesia) condendola di sogni come l’amore, la pubblicazione «importante», il successo (temi «forti» del nuovo romanzo). In Uno che conta (suo secondo romanzo) i confini fra illusioni, nostalgie, speranze e disincanto sfumano al suono di note comunque intime e suadenti, anche quando sono livide e arroventate.
Al di là di tutto, infatti, fra una masturbazione e l’altra, «fissa» del protagonista, in Uno che conta c’è la verità di una persona, perciò Tramutoli riesce a ricreare con lettori sconosciuti quella stessa familiarità dei momenti di confidenza durante le passeggiate in bicicletta con l’amico Gaetano Cappelli.
Versi di Giancarlo Tramutoli sono apparsi a lungo come microeditoriali delle pagine culturali del “Corriere della Sera”.